Le
ossa dei morti sono
dei dolci che vengono preparati il giorno della commemorazione dei defunti, il 2
Novembre. Questa tradizione ha origine antichissime e di primo acchito
sembrerebbe non avere nulla a che fare con Halloween, che si festeggia alla
vigilia del giorno precedente, e invece è la stessa tradizione che si è
protratta nei secoli. Le date di queste due ricorrenze si sono accavallate per
volere della Chiesa. La festa di Halloween, da alcuni anni in voga anche in
Italia, sembra essere nata da riti celtici. Come al solito possiamo ritenere
che erano riti comuni a tutte le regioni della terra; sembra, infatti, che
civiltà antichissime celebrassero già in quei giorni gli antenati e i defunti.
15 ottobre 2014
2 settembre 2014
L’abbazia di Villanova
San Bonifacio (VR)
L’abbazia di
Villanova sorge su un antico sito di culto celtico al centro del quale sembra
vi fosse una grossa quercia, simbolo sacro e venerato dai pagani. Le chiese
cristiane furono costruite su luoghi di culto pagani non perché queste
volessero nascondere i culti precedenti, ma semplicemente perché da sempre i
luoghi di culto sono dei siti su cui ci sono particolari energie, linee
energetiche o linee sincroniche che siano, dei flussi che attraversano la terra
e l’etere in un determinato luogo. Il nome celtico della quercia è duir che significa porta o entrata. La
leggenda narra che i cristiani tagliarono la quercia che era simbolo pagano e
vi costruirono una torre (Magdala) che con il passare dei secoli divenne un
campanile. Dalla foto si può evincere che la torre e il campanile sono di
diversa manifattura. L’edificio fu costruito nell’VIII secolo e poi
ristrutturato dall’abate Uberto di San Bonifacio, e ancora modificato dai frati
Benedettini e Olivetani a partire dal XII secolo.
21 agosto 2014
Templari e Sacro Graal
Templari e Sacro Graal
“Ogni attività umana realmente significativa,
sociale, religiosa o politica che sia, ha sempre dato forma a proprie mitologie”.
“La mitologia è la penultima verità,
penultima perché l’ultima non può essere espressa con le parole”.
“Il mito incarna ciò che più vicino alla
verità assoluta può essere espresso con le parole”.
“E’ il mito che costituisce la verità del
fatto, non il contrario”.
“I miti sono la storia della nostra continua
ricerca di verità e di senso”.
I miti e le
13 giugno 2014
La toponomastica dialettale
La toponomastica è l'insieme dei
nomi attribuiti alle entità geografiche (toponimi),
ed il loro studio storico-linguistico. Il toponimo (dal greco tòpos, “luogo”, e ònoma, “nome”)
La toponomastica è una luce su
quella parte di storia così antica da non avere altro documento se non quello
dato proprio dal nome del luogo. I nomi dei luoghi possono sovente indicarci a
chi apparteneva originariamente quel posto,
a quale famiglia, a quale capostipite, chi ne era il possessore, le
caratteristiche del luogo, la presenza di alberi od altre piante(fitotoponimi),
la morfologia del terreno (geotoponimi) oppure legati alla presenza di una
certa fauna (zootoponimi). Questo si spiega
col fatto, abbastanza scontato in sé, che nei paesi e in certi contesti
cittadini (dove esiste ancora una radicata vita di quartiere) i prenomi e
soprattutto i cognomi delle persone non venivano mai usati nell’interazione
quotidiana, e le persone venivano identificate con un soprannome di invenzione
popolare, di uso ristretto nella comunità locale. Lo stesso accade per certi
toponimi, anche se ci appare in maniera meno immediata: i nomi sulle carte
geografiche che designano piccoli appezzamenti di terreno nelle zone rurali
spesso non sono gli stessi usati in dialetto dalla popolazione locale. Diversi
sono i casi di luoghi che conservano memoria di antichi culti, così come
numerosissimi sono quelli che portano i nomi di santi (agiotoponimi), nomi spesso storpiati dalla tradizione popolare e
quasi irriconoscibili. Infine vi è un’ampia casistica di toponimi che debbono
la loro origine ai nomi di persona (antroponimi):
tra questi, la categoria più importante è quella che comprende i toponimi
cosiddetti “prediali” o “fondiari”, cioè quei toponimi che contengono il nome
della famiglia proprietaria del fundus
(fondo) o del praedium (podere).
Appartengono a questa categoria i nomi che terminano per -ano, -ana (i più
diffusi), -ico, -igo, -ego, -ago, -adego, -ate, -atico, -asco.
I dialetti calabresi sono ricchi di influenze
linguistiche dovute alle colonizzazioni, alle dominazioni e alle incursioni di
differenti popoli tra cui arabi, greci e romani. Proprio per questo sono principalmente
composti dalle lingue classiche: il greco e il latino.
11 maggio 2014
San Pasquale Baylòn
San Pasquale Baylón (Protettore delle donne)
Pascual Baylón Yubero nacque a Torrehermosa, in Aragona (Spagna), il 16 maggio 1540,
giorno di Pentecoste, da cui il nome Pasquale. Persona di umili origini, fu
avviato, sin da piccolo, al pascolo di greggi di pecore, durante il quale si
dedicava alla preghiera; imparò a leggere da autodidatta grazie ad un semplice
libretto di preghiere. A diciotto anni chiese di essere ammesso al convento dei
Frati Francescani Alcantarini di Santa Maria di Loreto, ma riuscì ad entrarci
solo alcuni anni dopo. Nel 1576 gli fu affidata una “missione”: recarsi a Parigi e consegnare alcuni documenti al
Padre Generale degli Alcantarini, missione non facile, dato che in quegli anni
alcune province francesi erano dominate dai calvinisti. Morì nel convento di
Villareal (Valencia) il 17 maggio 1592, anche questo giorno di Pentecoste. Fu beatificato 26 anni dopo la morte, il
29 ottobre 1618 da Papa Paolo V e
proclamato santo il 16 ottobre 1690 da Papa
Alessandro VIII. Nell’iconografia viene rappresentato vicino ad un gregge,
viste le sue origini, nell’atto di adorare un ostensorio, dato che era
considerato un difensore dell’eucarestia, che fu il centro della sua vita
spirituale.
Il 17
maggio, giorno della sua morte, è il giorno di San Pasquale. Non molti sanno
che San Pasquale è il “protettore” dei cuochi e dei pasticceri poiché si deve a
lui la ricetta dello Zabaione (Nome che deriva da SanBaylon).
2 marzo 2014
Ettore Majorana - Enola Gay
Questa storia non ha direttamente a che fare con San Nicola da Crissa ma riguarda la vicina Serra San Bruno. Già dagli anni ’60 era opinione comune che all’interno del Monastero Certosino ci fosse “il pilota americano” che aveva sganciato la prima bomba atomica su Hiroshima. Ritiratosi, quindi, alla vita certosina a causa del rimorso per quello che aveva fatto. Il pilota americano che sganciò la bomba atomica su Hiroshima, a bordo dell’“Enola Gay”*, era uno statunitense di nome Paul Warfield, Jr. Tibbets. La tesi che potesse essersi rinchiuso nel Monastero Certosino di Serra San Bruno non ha fondamento, poiché si conosce la vita che egli condusse negli anni a venire.
23 gennaio 2014
La fontana dei folli
La fontana
dei folli
La fonte della giovinezza - Lucas
Cranach il vecchio
Miti e leggende sono da sempre il mezzo più
comune per tramandare verità assolute o semplicemente fatti accaduti. Nulla può
resistere al tempo se non i miti e/o le leggende. È proprio questo “resistere
al tempo” che rende immortali. Immortalità, da questa parola nasce l’idea di
raccontare una delle tante leggende che, da secoli, si tramandano nel nostro
paese. San Nicola da Crissa. Chi non ha mai sentito parlare della “sorgente”,
presente al confine tra le località “Scarmiu”¹ e “Fazzu”², in un
posto chiamato “Li tene de la suriaca”³, dove si diceva che chi vi avesse bevuto sarebbe diventato folle? A riguardo c’è
un racconto millenario, noto come “L’acqua che rende folli”. Questo
racconto ha origini nel Sufismo, una forma di ricerca mistica propria della
cultura islamica. Chi ha avuto modo di leggere le mie “Considerazioni
sull'origine storica di San Nicola da Crissa”, avrà sicuramente fatto caso
alla possibilità che il paese sia nato a seguito d’invasioni musulmane. È possibile,
quindi, che la leggenda della fontana dei folli provenga proprio da
questa cultura, che avrebbe trapiantato le sue radici nel nostro territorio.
2 giugno 2013
Partorire in piedi
"E la donna che prima, come tutti gli animali, aveva sempre partorito in piedi aiutata dal “peso che spinge il bambino verso l’uscita”, disimparò l’antichissimo modo giusto e funzionante e imparò un nuovo modo di partorire, completamente errato e, che portava ad atroci sofferenze (spingendo verso la schiena della madre il bambino). Da allora ogni donna partorì quasi sdraiata su un lettino che si chiamava “letto della gestante” e che teneva sollevati i piedi della partoriente. Di conseguenza non spingeva più il nascituro verso l’uscita grazie al suo stesso peso e alla forza di gravità, e le doglie non finivano mai."
Mario Pincherle
Mario Pincherle
27 aprile 2013
25 marzo 2013
Un messaggio nel dipinto su tela?
Questo dipinto su tela è stato eseguito da Francesco Iori, nato a San Nicola da Crissa il 28 marzo 1896, emigrato a Chicago all'età di 16 anni. Iniziò a realizzare il dipinto non appena giunto negli Stati Uniti, ma lo concluse solo alcuni anni dopo. Venne ritrovato nel 1993 a Las Vegas e portato a San Nicola. A tutt'oggi è esposto nell'ufficio del segretario comunale, presso il Municipio di San Nicola da Crissa.
A prima vista nel dipinto non si nota niente di eclatante o di strano, se non le tre chiese (Rosario, Crocifisso e San Nicola) con l'ingresso principale rivolto verso la parte bassa del paese. Mentre in realtà solo quella di San Nicola è veramente disposta in quel modo. Ma se aguzziamo la vista sulla destra in mezzo ai due alvei del fiume, in zona Ddòricu, possiamo notare qualcosa di strano. Provate ad ingrandire questa foto e ditemi se non notate una grotta. O meglio se non notate la "natività del Signore". In quella piccola parte di dipinto sembrano essere stati utilizzati più colori rispetto al resto del dipinto. Sapevate che quella zona, alcuni anni fa, è stata oggetto di ricerche, in quanto alcuni vecchi documenti attestano che vi sorgeva la prima chiesa di San Nicola. Che si trovi proprio nel punto "indicatoci" dal pittore?
24 marzo 2013
Origine storica di San Nicola da Crissa
Considerazioni sull’origine storica di San Nicola da Crissa
In origine il paese era denominato San Nicola della Junca (o de Juncis) poi negli anni, una volta passato sotto il feudo di Vallelonga, diveniva San Nicola di Vallelonga. Nome, questo, spesso omesso in molti documenti di quegli anni. Dopo l'unità d'Italia il centro abitato prese il nome di San Nicola di Crissa, prima, per poi arrivare all'attuale San Nicola da Crissa. Secondo alcuni studiosi il nome del nostro paese deriverebbe dalla città Crissa, fondata dai Greci Focesi (da Focea antica città dell’Asia Minore), che nel corso dell'VIII secolo a.c. iniziarono il loro movimento migratorio verso l'Italia meridionale. La città sarebbe stata fondata nel 650 a.C. come città satellite di Locri con il nome di Crissa (Considerazioni su quest’argomento a piè di pagina) .
Secondo il professor Galloro Antonio, nel suo “Profilo storico di San Nicola da Crissa”, l’antica denominazione del luogo non può che derivare dalla natura del luogo. Cito letteralmente le sue parole: “Santo Nicola “de junco” (altre dizioni: “della Junca” o “de Juncis”), al di là di qualsiasi altra motivazione di ordine paesaggistico che non può non richiamarci alla mente, per la particolare natura del suolo e la vegetazione che lo rivestiva, la presenza in situ di acquitrini e giuncaie (da qui anche la provenienza del termine “Pantano”, corrotto in “Pontani”, per ricordare un rione ancora oggi abitato), contiene nascosto in questa sua specificazione toponimica (“de junco”) un significato simbolico di grande rilevanza morale, in quanto la pianta del giunco, nella tradizione cristiana, rappresenta, per la sua flessibilità, l’immagine della santa umiltà, ideale per ogni monaco”.
Il Mare di Giunco (Yam Suf) è anche il mare attraversato da Mosè e il popolo ebraico. Esodo.
Secondo, sempre, il prof. Galloro, citando lo studioso Domenico Teti, il paese molto probabilmente è nato grazie all’insediamento dei monaci basiliani, portando come prova l’esistenza a tutt’oggi di nomi di rioni che richiamerebbero l’esistenza dei monaci. “Monacella”, “Cutura”, “Tripona”, ecc. Ora dobbiamo dire che i nomi dei luoghi (toponimi) che richiamano la religione e in alcuni casi il nome stesso dei religiosi (agio toponimi) sono molto diffusi in tutta Italia, soprattutto quella meridionale, e risalgono al medioevo.
Per quanto riguarda i toponimi sopraelencati:
“Monacella”: c’e’ da dire che negli anni in cui sarebbe nato il nostro paese non mi sembra esistessero ordini ecclesiastici femminili se non vi fosse qualche “infiltrata” tra i basiliani. Cosa plausibile. Oppure era così chiamata qualche abitante del luogo da cui poi prese il nome il luogo stesso. Difatti ancora oggi in paese esiste la famiglia de “li monachi”.
“Cutura” (altro luogo “Li cuturi”): il toponimo deriva molto probabilmente da collura (pane), kollòura in greco, in sannicolese “cujrura” nome legato all'agricoltura; di cui sicuramente il paese ha dovuto il suo sviluppo.
“Tripona”: toponimo che può derivare dal greco Tripoda, Tripode. Dal latino Tripa con significato di "budella"o Intestino". Dallo spagnolo, grasso o panciuto. O ancora un'influenza dal greco "trypanon" "trapano" o "foro".
Come detto gli agio toponimi sono i più diffusi tra i toponimi e nello specifico nel nostro paese, ci sarebbero anche questi: “L’abati”, “l’Abati Paparattu”, ”Santa Maria”, “La cona”, “San Brasi”, ”La monaca”, ”Vincilau”, ”Lu santissimu”, “Criscenzo”, “San Pascali”, “L’Angeli”, “Lu rimiti”, ecc.
Torniamo ora alla denominazione del luogo. Come sopra detto, il Prof. Galloro come specifica del toponimo indica “de junco”, “della Junca” e “de Juncis”. Mentre Nicola Alberto Mannacio cita solo “della Junca” e “de Juncis”. La specifica deriverebbe dalla pianta del “giunco” (la specie più comune del genere juncus). Nome che a sua volta deriva dal latino Juncus o Juncis. Da notare come in lingua latina ci siano Junco (juncus) e Juncis, ma non Junca! Altra cosa importante da notare è che l’etimo della specifica latina Juncus (Juncis) fa pensare a Jungere (proprio come lo diciamo noi) cioè congiungere. Molto più probabile una specifica che indichi San Nicola come un luogo che “congiunge”, “unisce”. Giacché il nome alle cose era dato per ciò che servivano (in questo caso il giunco, usato per “legare”, “unire”). Con il Regno d'Italia la specifica divenne prima “di Crissa” e poi “da Crissa”. San Nicola da Crissa, fu coniato quasi come un affronto verso la Baronia di Vallelonga di cui il paese prima dipendeva. E in ciò che scriveva il fautore della favola Crissa ne abbiamo ampiamente le prove.Vallelonga era chiamata Rocca Niceforo così come Rocca Angitola, da cui sembra arrivare la specifica Crissa. Evidentemente passare di colpo da San Nicola “del giunco” a San Nicola di Crissa poteva solo essere giustificato da una grande scoperta, che a tutt’oggi non sembra essere mai avvenuta.
Se non una butade architettata da Monsignor Gian Giacomo Martini che senza
nessuna prova a supporto dichiarava che: "Mio padre mi raccontava che in
località La motta sorgeva l'antica città Crissa. Così un giorno mi ci
recai e trovai un blocco di granito con sopra inciso CRISSA". Blocco di
marmo che solo lui vide e che non fece nulla per preservarlo. Vista la sua posizione e la considerazione di cui godeva riuscì nel suo intento.
Prendendo in considerazione l’etimo di Juncis da cui la specifica “de Juncis”, potrebbe dipendere dall’unione di due popolazioni, quelle di Vallelonga e di Rocca Angitola (?). Oppure una semplice unione logistica tra i due luoghi. Da tener presente anche il significato “giungere” inteso come arrivare. Da qui il significato San Nicola “della Junca” e cioè dalla popolazione che è giunta (da Rocca Angitola?). Nome questo che, anche se non c’entra nulla, prese una popolazione dell’antico Egitto, gli “Iuntyu”, coloro che giungono, molto somigliante al “nostro Juncu” ma anche a Juncis e Juncus.
Un’ultima considerazione su quanto scrive Nicola Gerardo Marchese, nel suo “ Piccola patria”, riguardo le possibili origini del luogo e del suo nome:
“Il luogo di provenienza di questi martiri cristiani è facilmente individuabile atteso che, per loro spontanea elezione, essi diedero al nuovo sito il nome della città di origine, e così è storicamente documentato l’esistenza in Calabria di una comunità che, anche nel nome, suggestivo e misterioso di Junca, si richiamava alla loro sede originaria in territorio africano, che gli esuli erano stati costretti ad abbandonare, sotto la pressione vandalica”.
Questo luogo, Juncis, esiste ancora oggi ed è un quartiere storico della città di Sfax, sulla costa tunisina. E anche in arabo ha lo stesso significato etimologico. I “Saraceni” non arrivarono in Calabria come “esuli cristiani” ma come conquistatori musulmani. Da notare, ancora una volta, come un paese a noi, quasi, vicino abbia preso un nome molto simile al nostro. Il nome di un santo con la specifica di un luogo molto vicino all’antica Junca o Junci, Ippona. Da qui San Gregorio di Ippona. Mi piace anche ricordare come dalle nostre parti i nordafricani siano amichevolmente chiamati “cugini”. Che San Nicola derivi da Tunisi?
C’è però una versione leggendaria raccontata da Licofrone (poeta greco del IV secolo a.c., profondo conoscitore della mitologia), nel suo poema "Alessandra" (sacerdotessa troiana di Apollo, che aveva il dono della profezia), che vuole che la città sia stata fondata da Crisso, fratello dell’eroe omerico Panopeo, di ritorno da Troia, dove si era spinto per voglia di fama e ricchezze. La città sorgeva su un piccolo promontorio nei pressi dell'attuale lago Angitola, sul quale, ancora oggi, esistono dei ruderi. C’è un luogo nel comune di Maierato che ancora oggi è chiamato “La chiana d’i Scrisi” (nome storpiato, potendo essere originariamente "La piana dei Crissi"). In tutto questo però c’e’ poco di documentabile. Difatti la località è una piana visibile dal largo del Mar Tirreno e l'etimologia porta a propendere più a "Piana dei solchi" dall'aratura per la semina oppure dei solchi creati proprio per segnalare il luogo d'approdo.
Un'altra leggenda, che era raccontata dai nostri avi, voleva che il nome del paese derivasse da un comandante francese che con le sue truppe si era insediato a “Lu laccu” (nome questo che deriva, sempre, dal greco lakkos, che significa scoglio) che poi prese il toponimo Santissimu (nome questo che forse deriva dalla stessa leggenda). Da fonti certe sappiamo che durante il 1° secolo a.C. visse un certo Crixus (detto appunto Crisso oppure Crixio) che era francese, un "gallo" precisamente, che con Spartaco ed Enomao, "galli" come lui, e ad altri settanta gladiatori, si ribellò contro l’impero romano scappando e rifugiandosi in Campania, dove a loro volta arrivarono i Romani dando inizio a cruente battaglie. Battaglie che continuarono anche in Calabria. Per tornare al racconto dei nostri avi, si raccontava che quando Crisso si trovò in difficoltà vi fu l'intervento del santo patrono, San Nicola, che scacciò i presunti nemici con un bastone colpendoli con "botte da orbi". È curioso ora leggere che dopo la morte di Crisso, si narra che Crasso (proconsole, cui il senato Romano aveva affidato l’incarico di reprimere la rivolta) intervenuto in Calabria per sconfiggere Spartaco, abbia invece subito una sconfitta da parte dell'esercito di quest’ultimo e per punire i propri legionari (4.000 uomini), rei di codardia mostrata nei confronti del nemico, li fece giustiziare con il sistema della verberatio (a "Bastonate". Il Bastone del santo patrono?).
A supporto della tesi che la specifica Juncis fosse correlata a una località della città di Sfax. Abbiamo effettuato delle misurazioni e l'altare della vecchia chiesa di San Nicola è rivolto proprio verso Sfax. Mentre sempre a Sfax, dall'odierna chiesa matrice, mira la statua di San Nicola quando, durante i giorni della festa a lui dedicata, viene tolta dalla sua cappella e messa alla sinistra dell'altare.
Appunti di "viaggio"
Questo sarebbe dovuto essere
un resoconto giornaliero delle mie ferie, ma non essendocene stata
la possibilità ho raggruppato tutti i miei "appunti" in un'unica
pubblicazione. Se ne avete voglia potrete leggerli più in basso.
Durante il mio "viaggio" ho incontrato gli "anonimi" nessuno di
loro mi ha detto che io sono un incoerente per essere andato al
paese. "Ci sono cose che nessuno ti dirà. Ci sono cose che nessuno
ti darà. Sei nato e morto qua. Nato e morto qua. Nato nel paese
delle mezze verità". Vorrei invece ringraziare tutti quelli che
hanno tenuto a farmi sapere che mi seguono. Tutti quelli che hanno
tenuto a dirmi di continuare a fare quello che ho sempre fatto nel,
e per, il sito.
Il viaggio : Come al solito
un viaggio estenuante fatto di caldo, code, autovelox, e fermate
negli autogrill. Ecco gli autogrill. Ci si accorge dell'arrivo in
Calabria allor quando all' autogrill non bevo il caffè in una bella
tazzina di porcellana ma in un "freddo" bicchiere di plastica. Eccoci
arrivati. In autostrada, sempre nel tratto calabrese, nemmeno un
solo kilometro ultimato da due anni a questa parte. Solo un lunghissimo
cantiere che inevitabilmente porta a delle code ancora più lunghe.
Ultimato il tratto "montano" voluto da qualcuno per i soliti "interessi",
arrivo dalle parti di Falerna e qui incomincio a lanciare gli sguardi
verso la mia destra alla ricerca di intravvedere il mare. Tutto
questo mi faceva tornare alla mente quelle volte, poche, in cui
da bambino andando al mare facevo lo stesso dal pullman della calabro-lucane.
Quando una volta terminato il tratto "montano", dalle parti della
Marinella e dell' Isolabella, cercavo di intravvedere il blu del
mare. E in quei momenti mi batteva forte il cuore. Speravo, allo
stesso tempo, di non vederlo battere forte come il mio cuore. Quindi
agitato. In definitiva anche il mare e' un grande cuore con il suo
pulsare. Fatto di andate e ritorni. Di sistole e diastole. Un po'
più in la, sulle colline, alla mia sinistra scorgevo delle altissime
pale bianche su dei piloni. La novità dei parchi eolici. Di sicuro
è un vero e proprio pugno nell'occhio per impatto visivo. Spero
portino dei benefici e che non siano stati fatti sempre per i soliti
"interessi" o per dare lavoro a delle persone che in un prossimo
futuro ricambieranno con il loro voto. All'Angitola mi colpisce
il cartellone pubblicitario (stile berlusca) della Callipo. Forse
una delle poche cose di questa zona che sembra funzionare bene.
Lungo la 110 si continua sempre con la "novità" dei cartelloni pubblicitari,
anche se questa volta vuoti, installati in mezzo ad una folta vegetazione,
la cui crescita e' bloccata solo da qualche centina di qualche camion
e dai molti incendi che divampano nella zona. Incendi che danno
al luogo dei colori autunnali in piena estate. Qualcuno, a proposito
dei cartelloni, mi ha detto : "Mancu alla via de supa sugnu accussì
belle". Nei tornanti con mia meraviglia mi accorgo che la celebre
frana di cui avevo tanto parlato, e' stata sistemata. Invece il
tratto interessato dal passaggio del giro d'Italia, se non per una
linea di mezzeria, e' sempre lo stesso. E' come se il giro non fosse
passato per nulla.
Arrivo: All'arrivo sotto
via Alpini colpisce la segnaletica verticale, con un bel "30" che
sembra essere a me dedicato, per aver vissuto in quella via. E un
estemporanea indicazione per il campo sportivo. Come se, quest'ultimo,
fosse il luogo di prima importanza del sempre più piccolo, numericamente
parlando, centro delle preserre. Alzando gli occhi su per la salita
colpiscono, ancora, i gerani che adornano la barcunata (anche via
Alpini nel suo piccolo ne ha una). Penso che qualche mia ex-vicina
si sia data al giardinaggio. Salito su per la via saluto i miei
genitori e qualche vicino di casa. Sempre più vecchi ma sempre più
uguali. Una sensazione che non fa avere un senso al tempo. Subito
chiedo di chi fossero i gerani appesi alla barcunata. La risposta
e' stata che a tutto ciò aveva provveduto qualche "operaio" del
comune. Il giorno seguente mi sarei accorto di quanto fossero numerosi,
per le vie del paese, durante un "giro di pista", e i gerani e gli
operai del comune. All'imbrunire l'illuminazione pubblica nella
mia via e sotto la "vareggia" non funziona. La mia via era al buio.
Come se il sindaco mi avesse preparato una buona accoglienza. Tant'e'
che il giorno successivo, dopo un cordiale saluto, mi chiese se
mi ero preparato(non sapevo ancora a che).
Primo giorno: Non poteva
mancare il mare. Spiaggia libera (campo sportivo). Anche se questa
sembra essere stata occupata dall' immondizie. Il mare e' proprio
sporco. Di depuratori a Pizzo nemmeno l'ombra. Meno male che all'ombra
ci pensano gli ombrelloni. Nel tardo pomeriggio, prima che la via
ricada nel buio pesto, assisto, per la prima volta nella mia vita,
ad un testa a testa tra un cane (peggy) ed un topo ("nu zoccoluni"
come definito da mia sorella). Io ricordavo solo delle lotte tra
gatti e topi. O al massimo tra gatti e cani. Ma tutto questo mi
era nuovo. Il topo squittiva dalla paura, mentre il cane lo stanava
dai cumuli di legna che vi sono sulle scalinate della via. Il topo
si difendeva bene tanto da aver ferito il cane alla bocca, mentre
questi tentava di azzannarlo. Il macht finiva a favore del cane
dopo un mio intervento a colpi di scopa, visto che il topo si era
infilato dietro la finestra della casa di mia zia. Il colpo di grazia
lo dava mio zio.
Tra le cose da annotare nella
mattinata seguente c'e' la mia meraviglia nel vedere il "castello"
che si sta costruendo, sempre nella solita zona, "supa li chiani".
Quello che colpisce e' vedere qualcosa di nuovo che va a sorgere
in posti dove tutto il resto è sempre più vecchio. Così come la
nuova tribuna coperta sorge di fianco ad un campo sportivo che sembra
un campo di patate. E come i nuovi spogliatoi che sorgono nei pressi
di quelli vecchi e li dove un tempo sorgeva un campo da tennis (asfaltato,
si avete capito bene) forse a tennis non e' più di moda giocare.
Non voglio citare per ovvie ragioni il palazzetto dello sport. Sui
muri di recinzione, di questo, compare una scritta, leggibile anche
se hanno tentato di coprirla, contro l'amministrazione e il sindaco.
Non mi meravigliano invece le condizioni in cui versa la statale
110, la fatiscenza della segnaletica e la chiusura della strada
che dovrebbe portare all'area pic-nic. Area famosa con il nome di
"Camunni". Luogo sul quale si sono spesi fiumi di parole su cosa
e su come avrebbe potuto far guadagnare alla comunità del luogo.
Da citare senz'altro, quello che per me e' un complimento. Don Domenico,
che dopo avermi salutato, definiva il mio corner "qualcosa di alternativo".
Martedì il classico mercato.
E alla sera, la quarta di seguito, manca ancora l'illuminazione
in via Alpini e Via Roma (tra l'altro due delle vie che compaiono
su google earth alla faccia della tanto decantata cutura, di cui
non si hanno notizie). Al sindaco sembra abbiano risposto che le
ditte manutentrici sono in ferie. Quindi non si sa quando tornerà
la luce.... Nel frattempo e' iniziata la Festa degli Emigrati che
era stata pubblicizzata sui giornali locali. Ma mentre in piazza
si esibiva Vitu Betoven e qualche altro paesano che con la vera
musica non aveva nulla a che vedere, accompagnati da degli MP3 (questo
non e' il nome di un gruppo ma l'estensione del file che un portatile
riproduceva in "Vanbasco"), a Vallelonga, senza nessuna pubblicità,
invece, si esibiva Franco Simone con un complesso in carne ed ossa
e alla fine c'e' stato uno spettacolo pirotecnico. Credo che se
quest'ultimo "evento" si fosse svolto a San Nicola da Crissa ne
avrebbe dato notizia anche Al Jazeera.
Mercoledì: Riparazione illuminazione
pubblica. Ecco un evento degno di questo nome.
Giovedì: Un altro evento
per via Alpini, che fa incominciare a credere davvero all' "estate
ricca di eventi". E cioè il vero e proprio ritiro "porta a porta"
dei rifiuti domestici. Perché fino ad oggi i pochi abitanti della
via dovevano portare i loro rifiuti domestici nei pressi della "vareggia".
Questo perché sembra (le risposte da queste parti sono delle domande)
abbiano problemi a salire per la via visti gli imponenti mezzi a
loro disposizione. Ora le cose sono due o si e' iniziata la raccolta
visto il mio arrivo, oppure si e' iniziato perché nella ruga adesso
siamo in molti e ci saranno da smaltire "tonnellate" di rifiuti,
tanti quanti, secondo Nicola Pirone, erano presenti a Camunni sotto
i faggi ed i pini. Neanche fossimo stati a Napoli. Forse si sperava
in un intervento dell'esercito.
Durante i primi giorni di
permanenza non è mancata la visita alle case popolari. Dove e' risaputo
ci abiti mia sorella. "Allu scindire" ho voluto accorciare la strada
venendo giù per "lu carusu". Trovo una strada allargata. Ma all'ingresso
del centro abitato trovo un palo della luce in mezzo alla carreggiata.
Fortunatamente sul lato opposto a quello di mia percorrenza. Nel
percorrere il centro abitato quasi non faccio più caso al fatto
di non trovare nessuno: "le strade vuote, non c'e' neanche il classico
cane". Solo che a differenza di ciò che cantava Ligabue qui di cani
randagi ce ne sono e anche troppi. Faccio caso invece ai continui
colpi di malinconia nel vedere un paese in decadimento. Durante
questi giorni non mancano neppure i continui andi e rivieni da qualche
sorgiva per fare scorta di acqua...bevibile. Si, perché nonostante
l'amministrazione ha portato a conoscenza, mai pubblicati i risultati
delle analisi, che l'acqua che sgorga dai rubinetti e' potabile,
questa risulta essere imbevibile. Peggio di tutti stanno quelli
della zona "Colamaio" dove da un paio di giorni non hanno l'acqua
nemmeno per l'uso domestico tant'e' che ho incontrato delle persone
che lavavano i piatti proprio alla fonte che si trova nella stessa
zona.
Venerdì: Ieri sera sono iniziati
i giochi, un tempo definiti popolari. Il solo, divertentissimo,
calcio saponato ha sostituito i vari giochi di un tempo. I 100m.,
la gara della pasta, dell'uovo, della farina, del melone e molti
altri, tra cui le pignate, sembra che anche quest'anno verranno
riproposte. Chi di noi non ricorda i vari "campioni" di ogni "specialità".
I 100metri erano sempre dominati da Franco "lu francese". Nella
gara dell'uovo "Lu collocatore" non aveva avversari, sfrecciava
con il cucchiaio in bocca senza mai far cadere l'uovo che vi era
dentro. Si diceva che il suo trucco era quello di utilizzare un
uovo sodo. Nella gara della farina eccelleva Eugenio Ingenuo(non
e' uno scioglilingua). Nella gara de "li sacchi" Vittoriejro era
insuperabile. Per la gara della pasta e del melone la "lotta" era
sempre stata tra i soliti noti. Tra questi "Tommo guardianu" "Micu
de Nicola randazzu", "Genio" e altri. Questo finché nelle due gare
non presero parte, rispettivamente, per la pasta, Nicola Marchese
(Lu scienziatu) e per il melone Vanni Paolucci (Lu borghese). Entrambi
stracciarono i loro rispettivi avversari con tempi da guinness dei
primati. Ieri sera si e' giocata anche la finale "interna" del torneo
di calcio. Bisogna dire che rimane ancora una certa rivalità tra
le squadre che vi partecipano. Rivalità che per certi versi non
e' per niente negativa. Era presente un pubblico giovane, numeroso
e caloroso. Mi sono chiesto dove fossero state tutte quelle persone
la sera prima. Di sicuro né in piazza e né al campo sportivo. Forse
sono arrivati tutti oggi.
Sabato mattina manca la luce.
Domenica mattina manca l'acqua. Mi informano che alla notte questa
viene chiusa perché piove poco e le sorgive sono quasi al secco.
Chissà se e' tornata a Colamaio, almeno durante giorno? In giornata
non poteva mancare una capatina al mare e la cosa che si nota di
più e' la crescita esponenziale, rispetto a domenica scorsa, delle
auto che percorrono la statale 110. Tanto che un dipendente dell'Anas
all'Angitola fungeva da vigile.
Domenica sera in piazza dibattito
sui sapori di una volta. E qui tanto per creare una degna atmosfera
un fumo proveniente dalle grigliate di salsicce avvolgeva la piccola
platea. Platea che minacciava di andarsene se non ci fosse stato
il tanto sospirato "cessate il fuoco". In quel momento si capiva
quale fosse una delle mancanze principali, alla quale l'amministrazione
avrebbe potuto e dovuto rimediare, e cioè il vigile urbano. Che
a sua volta avrebbe potuto e dovuto provvedere a risolvere il problema.
A fine dibattito un esibizione di un gruppo "afro" con delle musiche
etniche. Finalmente in paese qualcosa di alternativo (oltre al corner
:D).
Lunedì mattina a rischio
rasatura visto che nel primo mattino manca ancora una volta l'acqua.
Oggi ancora una volta si fa sentire la mancanza del vigile. Sembra
infatti che per colpa di un auto parcheggiata male non e' stata
svolta, in via Alpini, la raccolta porta a porta della spazzatura.
Invece, contemporaneamente, a Tropea la presenza dei vigili si fa
sentire e come. Un centinaio di multe sul lungomare per divieto
di sosta. Alla sera immancabile "finale con gli emigrati" alla quale
non volevo prendere parte. Poi per fare qualcosa di diverso o forse
per fare sempre più qualcosa di uguale, a quello che facevo un tempo,
vi ho preso parte. Al termine della partita, a notte inoltrata,
ci sono state delle scaramucce in piazza, sempre per quella rivalità
che in questo caso e' negativa. Queste scaramucce hanno "riempito"
la serata, che non prevedeva altro. Non prevedevo neppure che a
fine partita, svoltasi in tarda serata, avrei rischiato di non fare
la doccia. Doccia impossibile da farsi nei nuovi spogliatoi, sia
di giorno che di notte. Penso ai poveri abitanti de "la cutura"
sempre a secco nonostante siano il "nord" del paese. Nei bar alla
notte si beve solo birra in bottiglia, non alla spina, perché non
si possono lavare i bicchieri.
Martedì ci si aspetta un
po' di "movida" dal mercato settimanale ma nonostante siano aumentati
di molto i "dimoranti" a Sannicola, di movida al mercato se n'e'
vista ben poca. Invece nel pomeriggio un ingorgo ai livelli di quello
che aveva causato la signora della bionda chioma. L'ingorgo
era stato causato da un furgone che trasportava l'amplificazione
per la serata "tra ca nui". Questo a causa delle macchine parcheggiate
in divieto di sosta finiva per rimanere incastrato sotto il balcone
della piazza. Balcone celeberrimo per i comizi e per le farse. Questo
accadimento provocava uno storico, quanto stoico, ingresso di Vittoriejro
nel CCAR. Lo stesso Vittoriejro in nottata ci offriva un'altra delle
sue performance, durante le premiazioni. Spaziando, tra l'altro,
dal bilancio del comune di Roma, al calciomercato. Dalla creatività
dei calabresi, al fatto che una festa non si valuta dai cantanti
che si portano o dalle persone presenti in piazza.
Mercoledì 14 agosto: Un giro
tra le vie più nascoste del paese. Un degrado da hinterland delle
grandi metropoli. Numerosi elettrodomestici in disuso e reti del
letto posti in bella vista davanti alle proprie case. Addirittura
su una terrazza una sorta di magazzino a cielo aperto con lavatrici,
frigoriferi e altro. Tutto ciò perché per poterli smaltire e farli
portare all' "ecocentro" bisogna pagare una tassa di 10 euro per
ognuno. La gente preferisce tenerselo davanti casa. Se non altro
non si buttano più sotto qualche "cafuni".
15 agosto: Piove cenere.
Un grosso incendio divampa per tutto il pomeriggio su una vasta
area. Non ci sono interventi per via aerea. Dicono che i mezzi antincendio
sono impegnati in altre zone. Un Canadair lo vedo io parcheggiato
in aeroporto a Lamezia alle 18:30. Sarà guasto? L'incendio continua
per tutta la notte.
Giorno 16: L'incendio continua.
Si e' protratto su vaste zone. Continua anche la pioggia di cenere
che ha ricoperto i davanzali e le macchine. Neanche fossimo in prossimità
dell'Etna durante qualche sua eruzione. Finalmente c'e' l'intervento
di un elicottero, anzi due. Visto che ora anche gli incendi sono
due. Poi sembra arrivare la vera pioggia. La prima dopo due settimane.
Quattro gocce. Serve solo a sporcare, ancor di più, se ce ne fosse
bisogno, le automobili. Nel pomeriggio metto a rischio i cerchi
in lega e il sottoscocca della mia auto per salire a Camunni. La
strada e' disastrata. E dei lavori, tanto annunciati, nemmeno l'ombra.
Nella serata incontro cittadini-amministrazione (ecco a cosa mi
sarei dovuto preparare!) che avrebbe dovuto svolgersi il 13 "al
chiuso". Ma se così fosse stato come avrebbero fatto ad esporre
quei mega cartelli (sempre in stile berlusca)? Non vi ho preso parte.
Grazie ad un ritardo dei treni ho potuto mantenere fede alla promessa
fatta nel forum sulla mia non partecipazione. Ho avuto il tempo
di vederne l'allestimento e credo che se un'amministrazione di un
paesino del nord si presentasse ai propri cittadini pubblicizzando
queste grandi opere verrebbe derisa. Da parte mia e' valsa la stessa
cosa. Si vanta uno sportello bancomat, un'autoambulanza frutto di
una donazione (non si spiega, ancora, perché ne e' stata fatta benedire
un'altra), una lottizzazione che in altri posti esiste da decenni.
Per non parlare poi di una quasi pubblicità occulta alle poche aziende
presenti nella zona industriale. Per quel che riguarda il forum
ci sono state varie discussioni, a cui ho preso parte, durante le
mattinate trascorse in piazza. Qui il sindaco e gli assessori hanno
tenuto a precisare che molte delle cose che io ho messo in discussione
sono solo frutto delle "cazzate" scritte dai giornalisti. Nella
fattispecie da Nicola Pirone. Vedi i 6MB del wi-fi. Vedi il contratto
con Jean Pierre Tassora.
17 agosto: Consiglio comunale
in piazza. Le solite parole di circostanza. Tra le altre cose, interessante,
invece, la discussione concernente la possibile presenza a Sannicola
di una antica chiesa, ancora da scoprire. Al termine serata musicale
e un'immancabile scazzottata in piazza tra due giovani residenti
in paese. Nella tarda nottata arriva notizia di un altra scazzottata
avvenuta a Capistrano. Alla quale hanno preso parte dei nostri compaesani.
18 agosto: Inizia la settimana
del crocifisso. Qui ancora va di moda collegare le settimane ai
riti ecclesiastici. Anche questa notte si e' rimasti al "secco".
Alla mattina appena riaperta l'erogazione dell'acqua una parte di
questa viene usata per lavare le strade e per innaffiare i gerani.
Questo servizio negli ultimi giorni viene svolto dal sindaco. Forse
la risorsa idrica andrebbero utilizzate meglio. Visto che poi ci
si lamenta di quelli che danno da "bere" alle loro coltivazioni.
Così come andrebbero utilizzati meglio le sovvenzioni. Visto che
ancora in paese manca un depuratore. Depuratore per il quale i cittadini
pagano una tassa. Ma come al solito non voglio addentrarmi in discussioni
"politiche".
19 agosto: Anche stanotte
una rissa "un rito una messa che puzza un bel po' di routine". Questa
volta sono venuti da fuori a fare a botte tra di loro. In giornata
sono andato a visitare il sito in zona "monacelle" di cui si era
discusso durante il consiglio comunale, per vedere le famose "vasche".
Il luogo, secondo me, andrebbe tenuto "pulito". Soprattutto dopo
che si e' lavorato per riportarlo alla luce. E soprattutto perché
sembra che questo abbia una valenza storica per il paese. Va tenuto
pulito, anche, ora che se ne parla in incontri pubblici e si porta
a conoscenza di tutto questo a persone che non ne sapevano della
sua esistenza e persone che in questo momento diventano dei potenziali
visitatori. Stessa cosa dicasi per gli scavi effettuati all'interno
della chiesa di San Nicola. Alla sera nel circolo ARCI effettuiamo
delle registrazioni per il sito.
Mercoledì 20: Continuano
le registrazioni per il sito. Questa volta a casa del "Maestro Mazzè".
Mio maestro alle elementari. Nel frattempo si fa sempre più critica
la situazione idrica. Difatti gli abitanti della parte alta del
paese si trovano a poter utilizzare l'acqua solo per poche ore al
mattino. A detta del sindaco sembra che il problema verrà risolto
lunedì prossimo. Quando molte persone avranno lasciato il paese.
Perché non farlo prima? Le risposte sono molteplici, mai esaustive,
alle volte mancano proprio. Pomeriggio al mare. Dalla spiaggia scorgo
un treno passare. Sembra sia stato l'unico a passare durante la
mia permanenza sulla spiaggia. Tutto questo mi fa ricordare quando
da bambino non me ne "scappava" uno. Erano molti di più a passare,
proprio perché stavo attento per vedere il loro "passare". Forse
un presagio o la consapevolezza che un giorno sarebbe stato quello
il mezzo, con cui potere, o dovere, "scappare" da quei posti, da
quel poco che avevo.
22 agosto: Giornata anonima
come quelli che incontro per le strade. In serata un "evento" ai
livelli dell'ingresso di Vittoriejro nel CCAR. Sono in piazza, dove
sarà celebrata la messa, per far vedere Gesù a mio figlio. Quando
mi chiamano se posso dare una mano per portar fuori la statua dell'addolorata.
Rimango interdetto ma poi do l'aiuto richiestomi come avevo fatto
altre volte, in passato, quando all'interno della chiesa si doveva
spostare qualche statua; del crocifisso piuttosto che della madonna
del rosario. Ho pensato a qualche possibile "catastrofe". Ho pensato
anche agli anonimi presenti e che a giorni, questi, avrebbero potuto
far notare, ancora una volta, la mia incoerenza. Alla sera in piazza
si discute delle varie problematiche esistenti in paese, da sempre,
e delle quali si e' discusso, anche, nel forum. Molti mi chiedono
chi sia questo Licata che ha incentrato su di se le attenzioni dei
molti "lettori" del forum. Tutti mi/ci invitano a scrivere, al nostro
ritorno, di queste cose. Come se loro non volessero esporsi o addirittura
compromettersi. Il problema grave continua ad essere la mancanza
dell'acqua. Faccio notare che l'amministrazione avrebbe dovuto preoccuparsi
di comunicare ai cittadini, delle varie zone del paese, in quali
orari sarebbe stata erogata l'acqua e quindi quando fosse stato
possibile utilizzarla. E che avrebbero dovuto scusarsi con i cittadini,
residenti e non, per la grave situazione in cui ci trovavamo. G.B.
Galati mi fa sapere di star inviando un articolo a Il quotidiano
nel quale rimarcava le stesse mancanze da parte dell'amministrazione.
Sabato 23: Mi aspettavo
che a svegliarmi fosse stato il "passaggio" de "la banda". Quello
mi avrebbe portato a vecchi ricordi. Ricordi di quando gioiosamente,
nell'ascoltare la musica, mi svegliavo e presto salivo in piazza
a "trovare" le bancarelle e soprattutto il tiro a segno. A trovare
il palco, che era stato costruito da alcuni giorni, dove "su e giù"
si giocava. Così non e' stato. La banda passava solo in tarda mattinata.
Mia madre mi invita a "vestire bene" mio figlio. E' la festa della
sua confraternita. Un passato remoto che non vuole "passare". Rimane
presente. Forse e' solo un mio punto di vista. Di sicuro non lo
e', ancora, per molti, in paese. Il passato, per loro, deve rimanere.
Domenica: In serata la
processione. Alla quale prendono parte molte persone, meno che in
passato comunque. Alcune persone non le avevo mai viste durante
il mio "soggiorno" in paese. Molti saranno venuti apposta. Gente
che non vedo da due decenni. Sembra sia impossibile che sia passato
così tanto tempo. Le stesse persone anni or sono le vedevo quotidianamente
come se queste, un tempo, facessero parte della mia esistenza e
ora invece mi rendo conto che non ne ricordavo più la loro di esistenza.
Lunedì 25: Inizia l'ultima
settimana di ferie. Le feste sono passate. E come dicono in molti
qui: "finiu l'estati". Difatti in giro incomincia a non vedersi
più nessuno. Finalmente sono iniziati i lavori per riparare il guasto
alla rete idrica. Guasto che ha rovinato le ferie di molti. E' iniziato
anche il rifacimento del manto stradale su un tratto della statale
110.
Martedì: Sembra sia stato
risolto il guasto alla rete idrica. Al mercato settimanale poca
gente e pochi venditori. Quest'ultimi si lamentano per la tassa
che devono pagare ad un LPU che funge da vigile. Altro incendio
"un rito una messa" ma che questa volta puzza di bruciato e di "interessi"
per qualcuno. Nella serata l' LPU non può far nulla quando un assessore,
a suo dire per ripicca, lascia la sua auto in divieto di sosta.
Mercoledì 27: Finalmente
piove, "Ddeo dice acqua", per un po' almeno non ci saranno incendi.
Giovedì: Si ripresentano
i problemi alla rete idrica. Il temporale ha portato anche dei problemi
per quel che riguarda l'illuminazione pubblica sempre nella parte
alta del paese.
Venerdì: Da un po' di
giorni le strade si sono svuotate di gente e si sono riempite di
malinconia.
Sabato 30: Partenza per
il ritorno al posto della mia residenza. Mi lascio alle spalle i
problemi del luogo: le strade malmesse, la vegetazione arsa, gli
incendi, i problemi all'illuminazione, i guasti alla rete idrica.
Il paese, alle spalle, mi guarda, mi segue, sembra proteggermi con
il suo sguardo fino all'angitola. Dove il paese non ci "vede" più.
Dove passando sotto l'omonimo ponte si attraversa una sorta di gigantesco
stargate. Un passaggio verso nuovi mondi, nuove destinazioni. Dei
viaggi nel tempo. Tutto ciò avviene per tutti noi da quando questo
e' stato costruito. Da quel giorno in poi tutti quelli che siamo
partiti, compiendo questo "viaggio", siamo passati per di la. E
ancora oggi facciamo lo stesso ad ogni nostro ritorno e ad ogni
nostro addio. Ogni ritorno per le ferie e' quasi un viaggio nel
tempo. Un viaggio nel passato. Un viaggio nella nostra memoria.
Un viaggio in noi stessi.
Settimana bianca a Roma
Molti si saranno chiesti,
oppure se lo staranno chiedendo in questo momento, se sia mai possibile
trascorrere una settimana bianca nella città eterna. Eppure per
qualcuno, forse, fu possibile. L'occasione propizia per poter, magari,
coronare il sogno di una vita, non fu la nevicata del '56, come
qualcun altro giustamente potrebbe pensare, bensì l'occasione, come
dicevo, propizia per quel qualcuno si presentò allor quando a Roma
si tenne una manifestazione nazionale per il lavoro. Era la metà
degli anni '80. Anni nei quali questo tipo di manifestazioni erano
di moda. Eravamo nel pieno degli anni di fango. A quei tempi non
c'erano, come adesso, distinzioni tra centrodestra e centrosinistra.
La magna magna al governo era generale. Erano gli anni dei governi
del pentapartito. All' opposizione c'era invece la vera sinistra
di un tempo, che era quasi tutta concentrata nel grande partito
comunista del compianto Enrico Berlinguer. Partito che veniva da
un 30% di voti ottenuto alle elezioni europee. La manifestazione
per il lavoro era organizzata dalla confederazione sindacale C.G.I.L.
, C.I.S.L. , U.I.L. . Per il nostro paese era organizzata dai soliti
noti, Francu Tete, Alfredo, Ntone lu cecatu ed altri, magari meno
noti di questi. Da notare che, naturalmente, il viaggio verso la
capitale era gratuito, o meglio il tutto era a spese della confederazione
sindacale. Nessuno, anche qui naturalmente, aveva nulla da ridire
su queste spese. Cosa che invece fu rinfacciata al Berlusca quando
lo stesso organizzò a spese del suo partito e dei partiti alleati
una manifestazione nazionale contro il governo. Avete mai visto
voi una manifestazione a spese dei manifestanti e non a spese di
organizzazioni sindacali o di qual si voglia altra associazione?
Vedremo più avanti come andò quel viaggio, gratuito, verso la capitale.
Comunque, era quella manifestazione che offriva anche a noi la possibilità,
oltre che a quel qualcuno di trascorrere la sua settimana bianca,
di andarcene a Roma per un giorno, un sabato, gratuitamente. Naturalmente
non per manifestare, ma per passare un sabato diverso. Un sabato
nuovo. Per di più a gratis. Sapemmo della manifestazione, e quindi
del viaggio, solamente il giorno prima. Quindi non ci fu molto tempo,
a nostra, ed altrui, disposizione, per poter decidere tranquillamente
sul da farsi. C'era un pullman da riempire. E che pullman. Il nostro
gruppo nel gruppo si compose da subito da me, Bruno G. e Nazzareno
P, assidui frequentatori della sezione paesana del P.C.I.
. A noi si aggiunsero Pasquale M. e Nicola M.. Però volevamo
infoltire ancor di più quel gruppo nel gruppo, che da lì a poco
sarebbe andato ad unirsi a un gruppo immenso, gruppo di circa un
milione di manifestanti, nonostante la questura. Anche se questo
come ho già detto non era nelle nostre intenzioni. Passammo il pomeriggio
a cercare, in piazza, qualche altro "compagno" da unire alla piccola
comitiva. E qualche altro passeggero di quel pullman sgangherato.
Nessuno era disposto a venire. Mancavano poche ore alla partenza.
E c'era anche la scuola il giorno dopo. Niente da fare. Nessuno
si voleva unire a quel piccolo gruppo di manifestanti. Fu così finché,
davanti al tabacchino, non passò "Colaccinu". Al secolo Nicola F..
Il quale era sempre indaffarato con i suoi lavori. E non era uno
che frequentava la piazza. Quel giorno
a quell'ora passò con la sua vespo. Ed il destino volle che si
imbattesse in noi, che non avevamo il suo da fare. Colaccinu era
uno che nella gioventù ne aveva combinate delle sue. Dal bersi la
candeggina pensando fosse acqua, all'ustionarsi il volto con della
benzina. Si racconta che quel fatto successe perché accese l'accendino
in prossimità del serbatoio della sua vespa, per vedere quanta miscela
ci fosse dentro. Forse questa era solo una leggenda. Non era leggenda,
invece, il fatto che avesse la faccia tutta nera per via di quell'ustione.
All'arrivo di Colaccinu, così come per ogni altro passante in quel
venerdì pomeriggio, la domanda fu: "A Nicola ti nda vene a Roma?".
Dopo un po' di spiegazioni su come ci si doveva arrivare e su quello
che dovevamo, almeno sulla carta, andare a farci, Nicola esclamò:
"Quasi quasi mi nda vegno. E si vegno mi spagnu ca mi la fazzu la
settimana bianca" (Quasi,Quasi vengo anche io. E se vengo ho paura che mi faccio la settimana bianca). Datemi un po' di tempo che mi organizzo e poi
vi saprò dire con precisione, disse. Si partiva, da sutta a "Ndon
Titta", alla mezzanotte, per arrivare a Roma in mattinata. Lì, Colaccinu
si presentò con sulle spalle un grandissimo scatolone che sembrava
un baule. In quel momento cominciavamo a credere veramente alle
sue parole. E cioè che si sarebbe fatto, davvero, una settimana
a Roma. Evidentemente, visto che doveva essere una settimana bianca,
dentro aveva scarponi e salopette, piuttosto che gli sci. Ci sarebbero
potuti entrare, da quanto era grande quel bagaglio. Bagaglio legato
con lo spago, come nelle migliori tradizioni. A Colaccinu mancava
solo il colbacco. Ma poi avrebbe imitato troppo Totò e Peppino de
"La malafemmina" e lui era un tipo originalissimo. Da notare che
quella settimana che doveva essere, nelle sue intenzioni, bianca,
era una settimana di fine maggio. Comunque partimmo alla volta di
Roma. Il viaggio fu uno strazio. In autostrada venivamo puntualmente
sorpassati da pullman gran lusso, con tanto di aria forzata, a quei
tempi andava di moda questo termine, che avevano la stessa nostra
meta. Mentre noi, al massimo, nonostante fosse quasi estate, potevamo
permetterci una stufa. Stufa che, quelli che sedevamo nella parte
posteriore del pullman, avevamo sotto i piedi. La stufa era il motore
di quel vecchio trabiccolo. E ogni tot di chilometri bisognava fermarsi,
in qualche piazzola piuttosto che in qualche autogrill, per fare
in modo che la stufa si raffreddasse un po'. Nella parte posteriore
del pullman solitamente si sedevano i casinisti. Ed in quella parte
posteriore erano seduti anche i componenti di un altro gruppo nel
gruppo, anche loro casinisti, che era composto, fra gli altri, da
Claudio Bajuni, Vitu Bettega e Vitu de Maria Gnau. Loro ebbero la
splendida idea, per loro ma anche per tutti gli altri, di portare
un sacco, quelli di carta della farina, pieno di rosette. Il sacco
pieno se lo erano procurato poco prima, a loro spese e non della
confederazione sindacale, naturalmente, al panificio, che a quei
tempi funzionava "alla papa" e dove ci lavorava anche il "nostro" Pittis. Fu quella la trovata, insieme a "chilati" di affettati
vari, che allietò il viaggio verso la capitale. Capitale in cui
arrivammo la mattina seguente, verso le otto e trenta. Qui iniziarono
le prime schermaglie, attraverso i finestrini, con i passanti, per
le vie di Roma. Neanche fosse stata una trasferta calcistica. Scendemmo
dal pullman davanti alla stazione Termini. E lì ci venne indicata
la piazza dove ci saremmo dovuti ritrovare, verso le quattordici
e trenta, per il ritorno a casa. Ritorno a casa, che visto il pullman
e visto che nessuno di noi conosceva Roma, non era poi così tanto
scontato. Il gruppo nel gruppo degli organizzatori paesani si incamminò
verso il posto dal quale prendeva inizio il corteo dei manifestanti.
Il gruppo nel gruppo degli altri casinisti non vidi per dove si
diresse. Il nostro gruppo nel gruppo aveva appuntamento, davanti
alla stazione Termini, con la sorella di Nicola M. che in
quel periodo studiava a Roma all' università. Colaccinu, che faceva
gruppo a sé, lo vidi indirizzarsi per non so bene dove, in mezzo
a tutto quel traffico, con sulle spalle quel suo bagaglio, che per
come lo portava doveva essere bello pesante. Il contenuto, oltre
che pesante, doveva essere molto importante. Sparì nel nulla. Anzi
nel "molto" della Roma che ci trovavamo davanti. Luci, colori, semafori,
cartelloni pubblicitari, suoni, grida, clacson, sirene, macchine,
pullman, taxi, barboni, lavavetri, accattoni, poliziotti e naturalmente
manifestanti. Nel frattempo arrivò la sorella di Nicola insieme al suo ragazzo. La quale, per la paura di quello che avremmo
potuto combinare o che ci fosse potuto accadere per le vie di Roma,
ci disse che a Roma, visto che ci sarebbe stata la manifestazione,
quel giorno, sarebbe rimasto tutto fermo. Dai pullman alla metropolitana
ad ogni sorta di mezzo pubblico di trasporto. E ci esortava a prendere
parte alla manifestazione insieme al gruppo organizzatore paesano.
Naturalmente noi dubitavamo delle sue parole, ma la invitammo ad
andar via tranquilla in quanto saremmo andati alla manifestazione.
Da lì allo scendere sotto la metropolitana la strada fu breve. Penso
che ci facemmo tutte le fermate che era possibile fare, tra le due
linee della metropolitana, per quel che riguardava il centro di
Roma, in quel lasso di tempo, che avevamo a nostra disposizione.
Ove era possibile scavalcavamo i tornelli, che oggi sono diventati
famosi per gli stadi sicuri, per non pagare il biglietto. Nella
metropolitana così come per le vie della Roma antica ne vedemmo
di tutti i colori. Ma per quanto giovani eravamo sicuri. Tranquilli,
non tanto. Come quando in metropolitana Nicola M. fece capire
a tutti noi, e ad alcuni brutti ceffi, quanto fosse sicuro di se.
Tenendo il portafoglio stretto in mano attraverso la tasca dei pantaloni
disse: "lu partafogghio no cazzu mi lu futtenu" (Il portafogli non me lo fregano). La mattinata ci
volò via. Arrivarono presto le tredici e trenta e c'era da trovare
la piazza, Ragusa, penso di ricordare bene, dove avremmo dovuto
ritrovarci e dove avremmo dovuto essere per le quattordici e trenta.
A quell'ora in quella piazza ci ritrovammo tutti, quelli che eravamo
partiti. Tranne uno. Colaccinu. Lui mancava all'appello. Era proprio
vera l'intenzione di farsi la settimana bianca. Lo vedemmo dopo
un po' di tempo in piazza davanti al solito tabacchino dove ci disse
che era rimasto a casa del fratello. Che in quegli anni viveva a
Roma. In ogni caso rimane ancora oggi il mistero di cosa, quel giorno,
portò a Roma in quel grandissimo scatolone, tanto da somigliare
ad un baule, legato con lo spago. Se davvero dentro ci fosse tutta
l'attrezzatura per la settimana bianca, oppure ogni ben di dio,
tra suppressati, satizzi, pane, vinu,ojjo, olivi scacciati, zziriminguli,
pruppuna, frittuli, ndujra, boccolari, pumadora calijati, ascadi,
castagni, nuci, nucijri, e li pasticcini sicchi, fatti da Scaturchio,
che non possono mai mancare. Si, in quel grandissimo scatolone poteva
starci tranquillamente, anche, tutto questo. Se Colaccinu trascorse
la sua tanto sospirata settimana bianca in quel di Roma e coronò,
in quel modo, il suo sogno, rimane a tutt'oggi, insieme al contenuto
del suo "pacco", un mistero.
La barca di San Pietro
C'è un usanza nell'Italia settentrionale che si tramanda da moltissimi anni, di generazione in generazione.
Che comunque sta andando via via perdendosi. Questa antica usanza
vuole che nella notte tra il 28 ed il 29 giugno, la notte antecedente
il giorno in cui si festeggiano i santi Pietro e Paolo, in una caraffa,
o qualsiasi altro recipiente in vetro, piena di acqua pura, venga
versata la chiara di un uovo, fresco. La caraffa poi viene lasciata
l'intera notte, sotto le stelle, possibilmente in un prato, così
da poter prendere, meglio, la rugiada. Al mattino seguente la chiara
d' uovo avrà assunto la forma di un veliero. E questo veliero viene
chiamato "La barca di San Pietro". Per ricordare che San Pietro
è stato un umile pescatore. In alcuni casi il veliero è così ben
definito da osservarne l' albero, le vele e appunto San Pietro.
Il fatto curioso è che in nessun altro giorno dell'anno questo
fenomeno si ripete.
Ed il perché ciò avvenga, solamente in quel giorno, non e' chiarito
dalla scienza. Gli esperti dicono che si tratta di fenomeni di "cosmopatia"
e di fenomeni "fluttuanti nel tempo". Spiegando che, una reazione
chimica tra più sostanze, di cui una organica, avviene giorno dopo
giorno in condizioni diverse, le stesse condizioni si ripetono solamente
nello stesso giorno dell'anno successivo. Comunque non saprei dirvi
come sia nata questa usanza e per quale, strano, motivo venne fatta
la prima volta. Comunque da questa, un tempo, si cercava anche di
trarne dei benefici sui raccolti. Ed il veliero ben definito era,
anche, presagio di un buon futuro. Altri volevano che, nel caso
che la barca avesse avuto delle larghe vele, fosse in arrivo la
pioggia. Se invece fosse stato visibile San Pietro in barca, il
tempo sarebbe stato asciutto. Riguardo all' argomento c'è anche
un vecchio detto popolare che dice:
"Se piove a San Paolo e Piero
piove par on ano intìero". "Se piove il giorno di San Paolo e Pietro
piove per un anno intero". Insieme a queste leggende ce ne sono
molte altre. Come quella che vuole che, se un fiore viene reciso
la notte di San Giovanni (23/24 giugno) e viene appeso, rimarrà
intatto per molti giorni e seccherà,soltanto, dopo molto tempo.
Altre leggende vogliono che, se si mangia un uovo, fresco di giornata,
il venerdì santo, non si verrà punti dagli insetti. Così come, se
lo stesso giorno verranno potate le viti, le uve di quelle viti
non verranno mangiate dagli insetti. E se nel giorno dell' ascensione
si mangia un cotechino ripieno di lingua, si potrà andare tranquillamente
per i boschi, in quanto non si rischierà di venir morsi dalle vipere.
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