24 dicembre 2022

Natale: l'Unione tra il Cielo e la Terra





“Mai un albero fu adorato unicamente per se stesso, ma sempre per quello che, per suo tramite, si "rivelava", per ciò che esso implicava e significava” Mircea Eliade 


Il significato dell’albero di natale è un misto di prove storiche, racconti sacri e pagani che si mescolano tra loro. E che rendono complicato giungere ad una ricostruzione definitiva e corretta; ci sono pareri contrastanti e, come al solito, non si riesce a stabilirne il principio. L’usanza di decorare gli alberi, l’abete in particolare, sembra fosse già diffusa presso antichi popoli germanici. In epoca moderna la sua origine è alsaziana, e precisamente a Sélesat, dove troviamo un editto municipale del 1521 nel quale si autorizzavano le guardie forestali a permettere di tagliare piccoli abeti per la festa del Natale. E' la prima volta che venne menzionato inequivocabilmente l'albero di Natale.

Per i pagani, l'abete sempreverde era simbolo di vita e di nascita e, in occasione della festa del solstizio d'inverno, veniva ornato di ghirlande per celebrare il ritorno del Sole e la rinascita della natura. La leggenda che lo lega al Cristianesimo vuole che un giorno, in Germania, San Bonifacio vide alcune persone radunate intorno ad una quercia*; allora il Santo tagliò la quercia e al suo posto crebbe un abete. San Bonifacio motivò l’accaduto dicendo che il nuovo albero simboleggiava l'albero della vita e la sua nascita era un simbolo divino, come la nascita di Gesù. La leggenda fa risalire sempre alla Germania il motivo degli ornamenti; si racconta infatti che un uomo, per condividere con la moglie la visione spettacolare di un grande abete coperto di neve, attraverso i cui rami si potevano intravvedere le stelle che brillavano nel firmamento, ne tagliò uno più piccolo e lo decorò con delle candeline. 

In realtà, la vera simbologia è un’altra, basta ammirare come lo rappresenta il Vaticano (foto), mettendo l’albero in stretta correlazione con l’obelisco.

Secondo Athanasius Kircher,
 

7 dicembre 2022

La magia del numero 7








“Il sette, per le sue virtù celate, mantiene nellessere tutte le cose; esso è dispensatore di vita, di movimento ed è determinante nell’influenzare gli esseri celesti”. Ippocrate





7 è il numero considerato fin dall'antichità il simbolo magico e religioso della perfezione, perché era legato al compiersi del ciclo lunare. Ma anche in analogia con il sistema planetario, infatti i pianeti visibili ad occhio nudo erano 7 (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno). Il numero 7 esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Tale numero fu considerato simbolo di santità dai Pitagorici. I Greci lo chiamarono venerabile, Platone anima mundi. 
Presso gli Egizi simboleggiava la vita. 
Il libro tibetano dei morti insegna che all'anima della persona appena morta servono quarantanove giorni, 7 volte 7, per reincarnarsi. La scienza ha da poco dimostrato che occorrono quarantanove giorni, 7 volte 7, dal concepimento, per vedere i primi segnali della presenza della ghiandola pineale nel feto umano. Ghiandola pineale che già nel 1600 veniva descritta da Cartesio come la ghiandola in cui avebbe avuto come sede l'anima o spirito di una persona.


Il valore del 7 sta nel fatto che rappresenta l’unione del 4, l’umano, al 3, il divino. 4+3=7 

 

18 novembre 2022

San Martino all'Abate

 
L’Abati (Abate) è un toponimo di una zona del paese fuori dal centro abitato. Un “avamposto” del paese di San Nicola. Difatti c’è una Cona votiva. Cona deriva dal bizantino con il significato di “immagine” o “icona”. È una cappella votiva in cui appunto c’è un altare con un’immagine o una piccola statua. In questo caso quella di San Nicola da Myra. Da cui il toponimo “Abati”. Da qui per passare oltre il torrente Fellà si deve passare su di un ponte. Ponte che durante la seconda guerra mondiale venne bombardato mentre il centro abitato non venne mai colpito, come avviene spesso nelle guerre. Ma da lì nacque la leggenda, secondo la quale San Nicola avesse coperto il paese rendendolo invisibile agli aeroplani, salvando così gli abitanti.
 
Comunque, tralasciando la storia e le leggende, questo era il luogo dove negli anni in cui ancora nel nostro paese c'era un po' di fermento, come quello del mosto, i giovani si coalizzavano in "gruppi". Il nostro gruppo era l'unico, originale e distinguibilissimo "gruppo Trenta". Alcuni ragazzi che ne facevamo parte, eravamo anche i "produttori" di uno dei vini più buoni che io abbia mai bevuto. Il vino "de Nicola de lu volanti"(Nicola del volante, soprannome) che,
 

7 novembre 2022

Il borsone. O meglio la borsa-valigia

 

Il primo sponsor dell’ARCI Crissense fu una pizzeria che comprò le tute e i borsoni per la squadra. A dire il vero chiamarli borsoni è esagerato. Diciamo che erano delle borse-valigia in gomma. Essendoci poche tute e poche borse-valigia a inizio campionato andavamo da quelli che non facevano più parte della squadra a chiedere indietro la preziosa merce. Le borse-valigia le usavano in pochi. Tra questi il capitano. Dentro ci metteva di tutto. Dallo scotch avana per fermare i calzettoni, sopra i parastinchi, alla carta igienica. Si perché il capitano ogni trasferta, specie negli spogliatoi con bagni nuovi, doveva segnare il territorio facendo i suoi bisogni. Negli spogliatoi casalinghi non lo faceva mai. Una volta dovemmo aspettarlo per più di mezz'ora terminata la partita. Ad aspettarlo eravamo quelli arrivati al campo di gioco con Vittorio. Da poco il capitano aveva cambiato gruppo macchina. Perché aveva saputo che il gruppo macchina di Vittorio, lui unico maggiorenne, finita la partita se ne andava in "gita". Una volta al ritorno da Sorianello passammo dalle piazze di Sorianello, Vazzano, Pizzoni e Filogaso. Prima il capitano lo si doveva passare a prendere sotto casa. Ma da quando venne a sapere di queste "gite", per di più con il tradimento dall'amico del cuore, Vittorio, non si faceva più prendere sotto casa. Ma arrivava in anticipo al circolo Arci e si sedeva nella nostra famosa127 rossa, anche mezz'ora prima della partenza.

Per tornare alla borsa-valigia una volta capitò un episodio esilarante. Anzi un episodio particolare visto che di esilarante c'era di tutto. Tipo quando l'arbitro chiamava i giocatori sulla distinta e un difensore si presentava come "Francesco numero due". E noi: "Bravo Nicola!!". Nome sulla carta Francesco nome fin dalla nascita Nicola.

E quando lo stesso partì per il Canada il suo posto lo prese un non cartellinato. L' arbitro chiamava: "Ireneo!". E noi:" Maffeo ha chiamato te". E lui: “Francesco numero due”.

L' episodio particolare successe a Vazzano. Il capitano quel giorno non riusciva a tirare fuori la carta igienica

 

La 127 rossa

Come detto altre volte quella era la nostra macchina. Alla sera ci rimanevamo dentro ad ascoltare le cassette. Per il calcio andavamo agli allenamenti e alle partite. Era la macchina della propaganda elettorale. Ci si metteva sopra un megafono e si andava in giro per annunciare i comizi o per attaccare i manifesti. È stata la macchina delle iniziazioni musicali. Bruce Springsteen con Tunnel of Love, Guccini già lo ascoltavo ma in quegli anni uscì Signora Bovary, un capolavoro che ancora oggi ascolto. A dire il vero in macchina c'era pure Bob Dylan ma a me non è mai piaciuto. Già quelle canzoni, in inglese, non le capivo e in più musicalmente non erano del genere che apprezzavo. Almeno di Guccini capivo le canzoni. Tutto proprio no, ma le trame erano ben sceneggiate. Un giorno Vittorio comprò l’ultimo album di Vasco Rossi, Liberi Liberi. Quel giorno disse: “Ho appena comprato questa cassetta di Vasco Rossi”, era ancora incellofanata, “Adesso ce l'ascoltiamo. Voglio vedere come si sente”. O sentire come si vede? Boh. “È originale. È costata parecchio”. Le cassette erano tutte originali ma lo stereo e le casse della 127 non lo erano di certo se non per quanto potessero essere vecchie. Era l'89 e ormai il capitano aveva preso il posto fisso sul lato passeggero di fianco a Vittorio. Noi da quattro passammo a tre sul posteriore. Vittorio infilò il nastro e iniziò a regolare il volume. Non so se ricordate dove aveva le casse la 127. Erano sugli sportelli laterali nella parte posteriore. Dalla parte di Vittorio il sedile era tutto in avanti. Dal lato passeggero più indietro. C'era comunque lo spazio per infilarci una mano. Uno da un lato e uno dall'altro mettemmo i fazzoletti per coprire le casse e Vittorio imprecava: “Non si sente per niente bene!! Ed è costata tutti quei soldi. Sono rimasto deluso dell’acquisto”. Allora provava ad alzare il volume al massimo e noi via i fazzoletti. Un frastuono. E lui

 

28 ottobre 2022

San Michele Arcangelo. Massoneria

 

 

La gente si terrorizza quando sente parlare di massoneria. Passano messaggi sbagliati e non vengono elaborati.
La massoneria governa il mondo. In modo giusto o sbagliato. Sarà Dio a deciderlo.
Il primo Massone è stato Re Salomone figlio del Re David. Il suo tempio era un tempio massonico. La riproduzione del Giardino dell'Eden. In cui Dio piantò due "colonne": l'Albero della Vita e l'Albero della conoscenza. Possiamo anche chiamarli Adamo ed Eva. Gli "Axis Mundi" sono due. La Coppia. 
Nemmeno Dio è Uno perchè di già è Trino.
Quindi quando sentite parlare di Massoneria non allarmatevi. Poi è vero che c'è anche la massoneria deviata. Ma questo non può cambiare il valore di una cosa. Ci si può allarmare del Bene perchè c'è il male?
 

12 settembre 2022

Where it's party

Where it's party

1986. Usciva l’album True blue di Madonna. True blue, la canzone che dava il titolo all’album, ancora oggi quando la ascolto mi da quei due, tre, minuti di spensieratezza un po' come in quegli anni. L’incipit della canzone fa: “Eh!" -"Uè!” Proprio come ci salutavamo noi. Sarebbe “Ehi! What?” ma riascoltatela per farvi l’idea. Le canzoni arrivavano a noi con i juke-box oppure con le cassette nella 127 rossa di Vittorio. Quella macchina era anche nostra, visto che alla sera ci chiudevamo dentro ad ascoltare la musica preferita di Vittorio. Le cassette le comprava tutte originali e poi finivano con il nastro incastrato all’interno dell’autoradio. Non a caso li chiamavano i mangianastri. All’interno di quell’album c’era appunto Where it's party. I party, intesi nel vero senso del termine, con serate danzanti e qualche drink, avvenivano spesso in qualche casa vuota. Come quella di Domenico. All’ingresso del primo piano, una piccola cucina e un’altra stanza, mentre al secondo piano c’era la stanza con la moquette marrone dove si ballava. Ma si e no, in quella stanza, ci stavano 15 persone. Allora molti rimanevano all’esterno o nella piccola cucina dove c’erano anche i drinks: Il Martini non mancava mai, “No Martini, no Party”, anche se a quei tempi era conosciuto solo come vermouth, il Cinzano, altro vermouth, il Rosso Antico e il Ballantines. Però per noi i veri party erano quelli che facevamo al circolo ARCI. Guarda caso fu proprio lì che guardammo il primo concerto di Madonna in Italia. L’evento fu trasmesso in diretta da Torino nel 1987 dalla RAI. Chi non ricorda "Ciao Italia, ciao Torino. Siete caldi?". Ma di quel concerto vedemmo ben poco perché la corrente elettrica andava e veniva. In quegli anni capimmo bene il significato di corrente alternata. Ogni qualvolta pioveva la corrente mancava. Ma quella sera non pioveva. Così come, spesso, non pioveva quando mancava durante le partite di Coppa Campioni. Oltre che al sistema elettrico carente c’era anche qualche dipendente, ben pagato dall’Enel, che si divertiva. In quegli anni c’erano i tre canali RAI, i tre di Mediaset e qualche TV locale. Al cinema si andava solo con le scuole. Delle volte una persona adulta ci chiedeva di fargli compagnia fino a Vibo dove doveva andare a vedere un porno. Ma noi minorenni non potevamo entrare e ce ne andavamo in giro fino al termine del film. Quando da maggiorenni volemmo provare l’ebbrezza del film porno al cinema, andammo a Pizzo e dentro ci trovammo parecchi compaesani. Da minorenni l’unico modo per guardare i film porno erano le VHS, che guardavamo, sempre, al circolo ARCI. Solo che quando era aperto c’era sempre qualche avventore, se non Vittorio a rovinare i nostri piani. Allora trovammo il modo di ovviare a quella situazione. Del circolo avevamo le chiavi. Si “salava” la scuola, si faceva “sega”, no quelle le facevamo dopo, e tornavamo alla mattina da Vibo in autostop. Chi ricorda il circolo sa che era chiuso dall’esterno con una sbarra e un grosso lucchetto. Quindi se non avessimo lasciato tutto com’era, qualcuno si sarebbe accorto che il circolo era aperto e veniva a romperci le scatole. Allora di corsa

 

29 agosto 2022

Il Mostro

Il Mostro

 È proprio vero, la nostra memoria è come un’immensa cassettiera interconnessa. In ogni cassetto un ricordo. Quando apri un cassetto automaticamente se ne apre un altro connesso al precedente. Sappiamo cosa ci sia in quei cassetti ma alle volte frugando dentro quei cassetti, vengono fuori delle cose che ormai si pensava fossero state cancellate dall’hard disk. Ma, come ben sappiamo oggi, dall’hard disk molti file possono essere recuperati, da alcuni programmi in questo caso da stati d’animo o da situazioni che molto somigliano a quelle che si credevano cancellate. Infatti raccontando degli anni in cui eravamo distratti, quelli in cui vivevamo con quell’insostenibile leggerezza dell’essere, mi è tornato in mente che il nostro amico maggiorenne, non solo guidava la macchina di suo padre ma anche quella del fratello. Entrambe FIAT 131. Non sono mai salito su un'auto più comoda della 131. Quando ti sedevi dietro era come sul pullman quando ti sedevi ai posti in fondo, nella parte centrale del corridoio. Le 131 erano una verde, quella del padre, e una con un colore strano, una specie di rosso/fucsia del fratello più grande. Quest’ultima 131 la chiamavamo il “Mostro”. Forse per come era ridotta e per come si “comportava”. Infatti un giorno mentre andavamo al mare nei tornanti, che ci portavano giù dalla collina, quando si girava a destra iniziava a suonare il clacson fino a quando lo sterzo non girava nella direzione opposta. Quando si era in rettilineo o si girava a sinistra nessun “comportamento” strano. Quel giorno dopo il mare, al ritorno, invece di andare alla gelateria “Enrico”, come spesso capitava, andammo più in là de La Murena, verso Pizzo, che solitamente frequentavano le sere d’inverno in cerca di qualche pizzeria. Arrivati nel centro abitato c’erano i vigili. Ma la strada era dritta quindi nessun problema. Quando il vigile decise di fermarci e a dire ad Attilio “parcheggia sulla destra” il mostro iniziò a strombazzare all’impazzata. “Che cavolo suoni?” – “Non sono io è la macchina”. Scende alza il cofano e stacca qualche filo per tacitare il Mostro. Una sera andammo a una pizzeria verso Serra sempre con il Mostro. Era inverno. In quegli anni era divenuta una zona poco raccomandabile con un sacco di attentati e altre brutte storie. Infatti era stato mandato l’esercito. E a un bivio che portava a Serra c’era un posto di blocco h24. Essendo una zona fredda la sera e la notte avevano un falò sempre acceso. Quella sera ci fermarono e controllarono lo stato del Mostro e il suo contenuto. Come avrete capito lo stato del Mostro era pessimo e al suo interno c’erano anche delle cose che il nostro amico, come tutti, si era portato via da militare. Uno di loro disse: “Andatevene via subito e non fatevi più vedere da queste parti, sennò vi sequestriamo la macchina”. Veramente si chiama Mostro... Solo che al ritorno dovevamo ripassare da lì. Al ritorno un cenno: “Siamo sempre noi”. Come detto, lui era più grande di noi ma aveva un fratello della mia età, abitavamo vicini.Il fratello in quegli anni aveva un’altra compagnia, mentre la nostra, di compagnia, si rinsaldò ancor di più quando si fidanzò con la sorella di un altro nostro amico. Di suo padre ancora ricordo il fischio. Da bambini alla sera, quando era ora di cenare o di rincasare, si sentiva quel fischio. E i due fratelli non esitavano un secondo a salutarci e a tornare a casa. Con lui, i suoi fratelli e suo padre si vendemmiava e dalla sera di San Martino si cominciava a consumare quel vino. Una sera, proprio a San Martino, in 5 ne bevemmo 15 litri. Lo so bene perché riempivamo una damigiana da 5 litri direttamente dalla botte. Un 25 aprile c’era un caldo asfissiante. Oggi si sarebbe data la colpa al cambiamento climatico. Avevamo deciso di andare al mare. Ma c’era qualche lavoretto da fare e quindi aveva bisogno di aiuto. Allora decidemmo di andarci al primo maggio. Tanto sarà caldo anche quel giorno, pensammo. Al primo maggio andammo al mare ma c’era un freddo cane. Ma ormai era d’obbligo farsi il bagno. Prendiamoci questa botta di freddo e poi torniamo a casa. Quell’estate ci portava spesso al mare anche perché ci andava la fidanzata con i parenti francesi e noi dietro a lei. Prima di lei, ancora quando era militare, sempre al mare, si era invaghito di una ragazza a cui chiese l’indirizzo promettendole che le avrebbe mandato una cartolina da dove era militare. “Va bene” disse lei, “Però sulla cartolina non ti firmare con un nome da maschio. Firmati Attilia, così so che sei tu”. Il posto dove vendemmiavamo e dove festeggiavamo era sulla strada che portava al mare. Un giorno passò la fidanzata che come quasi tutti i giorni, per un paio di settimane, andava al mare con i parenti francesi. Tra loro c'era una ragazza, un po’ più piccola di me, carinissima, che la volta prima, sempre al mare, avevo conosciuto. Si fermarono con la macchina e dissero: “Vi aspettiamo al mare”. Ma il giorno prima avevano mezzo litigato e lui era poco propenso ad andarci. E io dentro di me ripetevo: “E andiamo, e andiamo”. Niente, non ci andammo. Così la francesina

 

21 agosto 2022

Quando si è giovani è strano

 

Quando si è giovani è strano

 

Seconda metà degli anni 80. Quelli della mia compagnia, il gruppo trenta, avevamo 16/17 anni qualcuno 18. Uno poteva guidare la macchina di suo padre e dentro ci trovavamo le cassette di Guccini, De André, Battisti. Eppure io nella macchina di suo padre ricordo di averci visto solo cassette di tarantelle e di "Micu lu pulici." Quando ancora c’era lo stereo8. Forse erano dei fratelli più grandi. Adesso eravamo passati alle cassette più sottili. Comunque il più gettonato in quella macchina era Guccini. Forse perché chi ci portava a giocare a calcio ci faceva ascoltare spesso Guccini. Ripensando a quegli anni mi torna in mente una frase di una canzone, anche se questa era riferita ad eventi tragici e non al nostro modo di pensare e di vivere: “Quando si è giovani è strano” (Canzone per un'amica). L'inverno passava tra scuola, calcio e qualche serata di mangiate in compagnia con immancabile ubriacatura, per poi finire al campo sportivo a fare gli "allanamenti" al buio, visto che il giorno dopo i più fortunati avrebbero giocato con la squadra del paese e i meno fortunati a fare panchina. L'estate, senza scuola, si passava a fare vasche in piazza e qualche giornata di mare. Avevamo poco o forse avevamo tutto. Come mi è già capitato di scrivere,
 

14 giugno 2022

Passare per tornare


Passare per tornare

Spesso ci si interroga se la morte sia un passaggio. Perché la vita cos'è? In quanti ambienti, luoghi, spazi, tempi, stati d'animo, passiamo durante il nostro vivere? Lo scopo, chissà a che pro, della vita, volenti o nolenti, è quello di evolversi. Nel senso buono o nel senso cattivo. Quindi "passare". Destra o sinistra. Perché l'esistenza è dualità. E anche l'aldilà è dualità. Bene e male. Gli Egizi definivano l'aldilà il Duat. Dalla stessa radice nascono i termini inglesi dual, two, twice, il greco dùo e il latino duo. 

Però di niente si è sicuri. Alcuni, erroneamente, dicono che di sicuro ci sia solo la morte. Prendendo alla lettera la frase biblica: "Polvere eri e polvere ritornerai."   Mai frase più stupida è stata tradotta. 

"Tornerai all' Adamah perché da essa sei stato tratto" Genesi 3,19

 


 

 

 

19 maggio 2022

Bibliografia


La passione per la conoscenza nacque dalla curiosità e volontà di capirne di più sui misteri delle piramidi della piana di Giza. La svolta avvenne quando, attraverso il libro Il segreto di Cheope di Roberto Giacobbo e Riccardo Luna, seppi delle teorie di Mario Pincherle, scrittore che ho avuto l'onore di conoscere, sulla costruzione della Grande Piramide. Egli è stato il primo a parlare della Grande Piramide come connessione tra Dio e l'Uomo, l'Ate-men-anki, l'ancoraggio della terra al cielo. I suoi libri mi aprirono un nuovo mondo. La grande piramide è un bunker nel quale è stato nascosto l'Albero della Vita (lo ZED) che Dio piantò al centro del giardino dell'Eden. Poi, per una decina di anni, abbandonai questo tipo di lettura, finché non lessi il libro Custodi dell'immortalità di Piero Magaletti. A Robert Bauval si deve la scoperta dell’allineamento Giza-Orione come ancoraggio della terra e il cielo. Secondo Magaletti, lo Zed scoperto da Pincherle all’interno della Grande Piramide e le tre stelle della Cintura di Orione che furono riflesse nella piana di Giza dagli antichi Egizi, come in cielo così in terra, con la costruzione delle tre piramidi, Cheope (Khufu), Chefren (Khafra) e Micerino (Menkaura). Hanno un riscontro nel lavoro dell’astronomo Johan Bayer che, nel 1603, pubblicò l’Uranometria, il primo atlante stellare del mondo. Stranamente, Bayer assegnò alle tre stelle della Cintura di Orione (Alnitak, Alninam, Mintaka) le tre lettere greche (Z) Zeta, (E) Epsilon, (D) Delta – ZED. Dopo tutti questi anni, posso dire che quella pausa nella lettura è servita, perché per capire meglio, quello che sta scritto nelle pagine di un libro, bisogna essere pronti.
 
 
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