2 giugno 2013

Partorire in piedi




"E la donna che prima, come tutti gli animali, aveva sempre partorito in piedi aiutata dal “peso che spinge il bambino verso l’uscita”, disimparò l’antichissimo modo giusto e funzionante e imparò un nuovo modo di partorire, completamente errato e, che portava ad atroci sofferenze (spingendo verso la schiena della madre il bambino). Da allora ogni donna partorì quasi sdraiata su un lettino che si chiamava “letto della gestante” e che teneva sollevati i piedi della partoriente. Di conseguenza non spingeva più il nascituro verso l’uscita grazie al suo stesso peso e alla forza di gravità, e le doglie non finivano mai."
Mario Pincherle




25 marzo 2013

Un messaggio nel dipinto su tela?


Questo dipinto su tela è stato eseguito da Francesco Iori, nato a San Nicola da Crissa il 28 marzo 1896, emigrato a Chicago all'età di 16 anni. Iniziò a realizzare il dipinto non appena giunto negli Stati Uniti, ma lo concluse solo alcuni anni dopo. Venne ritrovato nel 1993 a  Las Vegas e portato a San Nicola. A tutt'oggi è esposto nell'ufficio del segretario comunale, presso il Municipio di San Nicola da Crissa. 
A prima vista nel dipinto non si nota niente di eclatante o di strano, se non le tre chiese (Rosario, Crocifisso e San Nicola) con l'ingresso principale rivolto verso la parte bassa del paese. Mentre in realtà solo quella di San Nicola è veramente disposta in quel modo. Ma se aguzziamo la vista sulla destra in mezzo ai due alvei del fiume, in zona Ddòricu, possiamo notare qualcosa di strano. Provate ad ingrandire questa foto e ditemi se non notate una grotta. O meglio se non notate la "natività del Signore". In quella piccola parte di dipinto sembrano essere stati utilizzati più colori rispetto al resto del dipinto. Sapevate che quella zona, alcuni anni fa, è stata oggetto di ricerche, in quanto alcuni vecchi documenti attestano che vi sorgeva la prima chiesa di San Nicola. Che si trovi proprio nel punto "indicatoci" dal pittore?

San Nicola da Crissa ed il suo Panormama

Foto di Vittorio Teti

24 marzo 2013

Una vita da mediano (Tg3 su Vittorio Teti)



Il paese dei centenari (servizio originale)



Il paese dei centenari TgLa7



Il Crocifisso ritrovato



Origine storica di San Nicola da Crissa

Considerazioni sull’origine storica di San Nicola da Crissa



In origine il paese era denominato San Nicola della Junca (o de Juncis) poi negli anni, una volta passato sotto il feudo di Vallelonga, diveniva San Nicola di Vallelonga. Nome, questo, spesso omesso in molti documenti di quegli anni. Dopo l'unità d'Italia il centro abitato prese il nome di San Nicola di Crissa, prima, per poi arrivare all'attuale San Nicola da Crissa. Secondo alcuni studiosi il nome del nostro paese deriverebbe dalla città Crissa, fondata dai Greci Focesi (da Focea antica città dell’Asia Minore), che nel corso dell'VIII secolo a.c. iniziarono il loro movimento migratorio verso l'Italia meridionale. La città sarebbe stata fondata nel 650 a.C. come città satellite di Locri con il nome di Crissa (Considerazioni su quest’argomento a piè di pagina) .
Secondo il professor Galloro Antonio, nel suo “Profilo storico di San Nicola da Crissa”, l’antica denominazione del luogo non può che derivare dalla natura del luogo. Cito letteralmente le sue parole: “Santo Nicola “de junco” (altre dizioni: “della Junca” o “de Juncis”), al di là di qualsiasi altra motivazione di ordine paesaggistico che non può non richiamarci alla mente, per la particolare natura del suolo e la vegetazione che lo rivestiva, la presenza in situ di acquitrini e giuncaie (da qui anche la provenienza del termine “Pantano”, corrotto in “Pontani”, per ricordare un rione ancora oggi abitato), contiene nascosto in questa sua specificazione toponimica (“de junco”) un significato simbolico di grande rilevanza morale, in quanto la pianta del giunco, nella tradizione cristiana, rappresenta, per la sua flessibilità, l’immagine della santa umiltà, ideale per ogni monaco”. 
 
Il Mare di Giunco (Yam Suf) è anche il mare attraversato da Mosè e il popolo ebraico. Esodo.

Secondo, sempre, il prof. Galloro, citando lo studioso Domenico Teti, il paese molto probabilmente è nato grazie all’insediamento dei monaci basiliani, portando come prova l’esistenza a tutt’oggi di nomi di rioni che richiamerebbero l’esistenza dei monaci. “Monacella”, “Cutura”, “Tripona”, ecc. Ora dobbiamo dire che i nomi dei luoghi (toponimi) che richiamano la religione e in alcuni casi il nome stesso dei religiosi (agio toponimi) sono molto diffusi in tutta Italia, soprattutto quella meridionale, e risalgono al medioevo.
Per quanto riguarda i toponimi sopraelencati:
“Monacella”: c’e’ da dire che negli anni in cui sarebbe nato il nostro paese non mi sembra esistessero ordini ecclesiastici femminili se non vi fosse qualche “infiltrata” tra i basiliani. Cosa plausibile. Oppure era così chiamata qualche abitante del luogo da cui poi prese il nome il luogo stesso. Difatti ancora oggi in paese esiste la famiglia de “li monachi”.
“Cutura” (altro luogo “Li cuturi”): il toponimo deriva molto probabilmente da collura (pane), kollòura in greco, in sannicolese “cujrura” nome legato all'agricoltura; di cui sicuramente il paese ha dovuto il suo sviluppo.
“Tripona”: toponimo che può derivare dal greco Tripoda, Tripode. Dal latino Tripa con significato di "budella"o Intestino". Dallo spagnolo, grasso o panciuto.  O ancora un'influenza dal greco "trypanon" "trapano" o "foro".
Come detto gli agio toponimi sono i più diffusi tra i toponimi e nello specifico nel nostro paese, ci sarebbero anche questi: “L’abati”, “l’Abati Paparattu”, ”Santa Maria”, “La cona”, “San Brasi”, ”La monaca”, ”Vincilau”, ”Lu santissimu”, “Criscenzo”, “San Pascali”, “L’Angeli”, “Lu rimiti”, ecc.
Torniamo ora alla denominazione del luogo. Come sopra detto, il Prof. Galloro come specifica del toponimo indica “de junco”, “della Junca” e “de Juncis”. Mentre Nicola Alberto Mannacio cita solo “della Junca” e “de Juncis”. La specifica deriverebbe dalla pianta del “giunco” (la specie più comune del genere juncus). Nome che a sua volta deriva dal latino Juncus o Juncis. Da notare come in lingua latina ci siano Junco (juncus) e Juncis, ma non Junca! Altra cosa importante da notare è che l’etimo della specifica latina Juncus (Juncis) fa pensare a Jungere (proprio come lo diciamo noi) cioè congiungere. Molto più probabile una specifica che indichi San Nicola come un luogo che “congiunge”, “unisce”. Giacché il nome alle cose era dato per ciò che servivano (in questo caso il giunco, usato per “legare”, “unire”). Con il Regno d'Italia la specifica divenne prima “di Crissa” e poi “da Crissa”. San Nicola da Crissa, fu coniato quasi come un affronto verso la Baronia di Vallelonga di cui il paese prima dipendeva. E in ciò che scriveva il fautore della favola Crissa ne abbiamo ampiamente le prove.Vallelonga era chiamata Rocca Niceforo così come Rocca Angitola, da cui sembra arrivare la specifica Crissa. Evidentemente passare di colpo da San Nicola “del giunco” a San Nicola di Crissa poteva solo essere giustificato da una grande scoperta, che a tutt’oggi non sembra essere mai avvenuta. Se non una butade architettata da Monsignor Gian Giacomo Martini che senza nessuna prova a supporto dichiarava che: "Mio padre mi raccontava che in località La motta sorgeva l'antica città Crissa. Così un giorno mi ci recai e trovai un blocco di granito con sopra inciso CRISSA". Blocco di marmo che solo lui vide e che non fece nulla per preservarlo. Vista la sua posizione e la considerazione di cui godeva riuscì nel suo intento.
Prendendo in considerazione l’etimo di Juncis da cui la specifica “de Juncis”, potrebbe dipendere dall’unione di due popolazioni, quelle di Vallelonga e di Rocca Angitola (?). Oppure una semplice unione logistica tra i due luoghi. Da tener presente anche il significato “giungere” inteso come arrivare. Da qui il significato San Nicola “della Junca” e cioè dalla popolazione che è giunta (da Rocca Angitola?). Nome questo che, anche se non c’entra nulla, prese una popolazione dell’antico Egitto, gli “Iuntyu”, coloro che giungono, molto somigliante al “nostro Juncu” ma anche a Juncis e Juncus.
Un’ultima considerazione su quanto scrive Nicola Gerardo Marchese, nel suo “ Piccola patria”, riguardo le possibili origini del luogo e del suo nome:
“Il luogo di provenienza di questi martiri cristiani è facilmente individuabile atteso che, per loro spontanea elezione, essi diedero al nuovo sito il nome della città di origine, e così è storicamente documentato l’esistenza in Calabria di una comunità che, anche nel nome, suggestivo e misterioso di Junca, si richiamava alla loro sede originaria in territorio africano, che gli esuli erano stati costretti ad abbandonare, sotto la pressione vandalica”.
Questo luogo, Juncis, esiste ancora oggi ed è un quartiere storico della città di Sfax, sulla costa tunisina. E anche in arabo ha lo stesso significato etimologico. I “Saraceni” non arrivarono in Calabria come “esuli cristiani” ma come conquistatori musulmani. Da notare, ancora una volta, come un paese a noi, quasi, vicino abbia preso un nome molto simile al nostro. Il nome di un santo con la specifica di un luogo molto vicino all’antica Junca o Junci, Ippona. Da qui San Gregorio di Ippona. Mi piace anche ricordare come dalle nostre parti i nordafricani siano amichevolmente chiamati “cugini”. Che San Nicola derivi da Tunisi?
 
C’è però una versione leggendaria raccontata da Licofrone (poeta greco del IV secolo a.c., profondo conoscitore della mitologia), nel suo poema "Alessandra" (sacerdotessa troiana di Apollo, che aveva il dono della profezia), che vuole che la città sia stata fondata da Crisso, fratello dell’eroe omerico Panopeo, di ritorno da Troia, dove si era spinto per voglia di fama e ricchezze. La città sorgeva su un piccolo promontorio nei pressi dell'attuale lago Angitola, sul quale, ancora oggi, esistono dei ruderi. C’è un luogo nel comune di Maierato che ancora oggi è chiamato “La chiana d’i Scrisi” (nome storpiato, potendo essere originariamente "La piana dei Crissi"). In tutto questo però c’e’ poco di documentabile. Difatti la località è una piana visibile dal largo del Mar Tirreno e l'etimologia porta a propendere più a "Piana dei solchi" dall'aratura per la semina oppure dei solchi creati proprio per segnalare il luogo d'approdo. 
 
 Un'altra leggenda, che era raccontata dai nostri avi, voleva che il nome del paese derivasse da un comandante francese che con le sue truppe si era insediato a “Lu laccu” (nome questo che deriva, sempre, dal greco lakkos, che significa scoglio) che poi prese il toponimo Santissimu (nome questo che forse deriva dalla stessa leggenda). Da fonti certe sappiamo che durante il 1° secolo a.C. visse un certo Crixus (detto appunto Crisso oppure Crixio) che era francese, un "gallo" precisamente, che con Spartaco ed Enomao, "galli" come lui, e ad altri settanta gladiatori, si ribellò contro l’impero romano scappando e rifugiandosi in Campania, dove a loro volta arrivarono i Romani dando inizio a cruente battaglie. Battaglie che continuarono anche in Calabria. Per tornare al racconto dei nostri avi, si raccontava che quando Crisso si trovò in difficoltà vi fu l'intervento del santo patrono, San Nicola, che scacciò i presunti nemici con un bastone colpendoli con "botte da orbi". È curioso ora leggere che dopo la morte di Crisso, si narra che Crasso (proconsole, cui il senato Romano aveva affidato l’incarico di reprimere la rivolta) intervenuto in Calabria per sconfiggere Spartaco, abbia invece subito una sconfitta da parte dell'esercito di quest’ultimo e per punire i propri legionari (4.000 uomini), rei di codardia mostrata nei confronti del nemico, li fece giustiziare con il sistema della verberatio (a "Bastonate". Il Bastone del santo patrono?).
 
A supporto della tesi che la specifica Juncis fosse correlata a una località della città di Sfax. Abbiamo effettuato delle misurazioni e l'altare della vecchia chiesa di San Nicola è rivolto proprio verso Sfax. Mentre sempre a Sfax, dall'odierna chiesa matrice, mira la statua di San Nicola quando, durante i giorni della festa a lui dedicata, viene tolta dalla sua cappella e messa alla sinistra dell'altare.

Foto in Biancoenero



Appunti di "viaggio"



Questo sarebbe dovuto essere un resoconto giornaliero delle mie ferie, ma non essendocene stata la possibilità ho raggruppato tutti i miei "appunti" in un'unica pubblicazione. Se ne avete voglia potrete leggerli più in basso. Durante il mio "viaggio" ho incontrato gli "anonimi" nessuno di loro mi ha detto che io sono un incoerente per essere andato al paese. "Ci sono cose che nessuno ti dirà. Ci sono cose che nessuno ti darà. Sei nato e morto qua. Nato e morto qua. Nato nel paese delle mezze verità". Vorrei invece ringraziare tutti quelli che hanno tenuto a farmi sapere che mi seguono. Tutti quelli che hanno tenuto a dirmi di continuare a fare quello che ho sempre fatto nel, e per, il sito.  Il viaggio : Come al solito un viaggio estenuante fatto di caldo, code, autovelox, e fermate negli autogrill. Ecco gli autogrill. Ci si accorge dell'arrivo in Calabria allor quando all' autogrill non bevo il caffè in una bella tazzina di porcellana ma in un "freddo" bicchiere di plastica. Eccoci arrivati. In autostrada, sempre nel tratto calabrese, nemmeno un solo kilometro ultimato da due anni a questa parte. Solo un lunghissimo cantiere che inevitabilmente porta a delle code ancora più lunghe. Ultimato il tratto "montano" voluto da qualcuno per i soliti "interessi", arrivo dalle parti di Falerna e qui incomincio a lanciare gli sguardi verso la mia destra alla ricerca di intravvedere il mare. Tutto questo mi faceva tornare alla mente quelle volte, poche, in cui da bambino andando al mare facevo lo stesso dal pullman della calabro-lucane. Quando una volta terminato il tratto "montano", dalle parti della Marinella e dell' Isolabella, cercavo di intravvedere il blu del mare. E in quei momenti mi batteva forte il cuore. Speravo, allo stesso tempo, di non vederlo battere forte come il mio cuore. Quindi agitato. In definitiva anche il mare e' un grande cuore con il suo pulsare. Fatto di andate e ritorni. Di sistole e diastole. Un po' più in la, sulle colline, alla mia sinistra scorgevo delle altissime pale bianche su dei piloni. La novità dei parchi eolici. Di sicuro è un vero e proprio pugno nell'occhio per impatto visivo. Spero portino dei benefici e che non siano stati fatti sempre per i soliti "interessi" o per dare lavoro a delle persone che in un prossimo futuro ricambieranno con il loro voto. All'Angitola mi colpisce il cartellone pubblicitario (stile berlusca) della Callipo. Forse una delle poche cose di questa zona che sembra funzionare bene. Lungo la 110 si continua sempre con la "novità" dei cartelloni pubblicitari, anche se questa volta vuoti, installati in mezzo ad una folta vegetazione, la cui crescita e' bloccata solo da qualche centina di qualche camion e dai molti incendi che divampano nella zona. Incendi che danno al luogo dei colori autunnali in piena estate. Qualcuno, a proposito dei cartelloni, mi ha detto : "Mancu alla via de supa sugnu accussì belle". Nei tornanti con mia meraviglia mi accorgo che la celebre frana di cui avevo tanto parlato, e' stata sistemata. Invece il tratto interessato dal passaggio del giro d'Italia, se non per una linea di mezzeria, e' sempre lo stesso. E' come se il giro non fosse passato per nulla. Arrivo: All'arrivo sotto via Alpini colpisce la segnaletica verticale, con un bel "30" che sembra essere a me dedicato, per aver vissuto in quella via. E un estemporanea indicazione per il campo sportivo. Come se, quest'ultimo, fosse il luogo di prima importanza del sempre più piccolo, numericamente parlando, centro delle preserre. Alzando gli occhi su per la salita colpiscono, ancora, i gerani che adornano la barcunata (anche via Alpini nel suo piccolo ne ha una). Penso che qualche mia ex-vicina si sia data al giardinaggio. Salito su per la via saluto i miei genitori e qualche vicino di casa. Sempre più vecchi ma sempre più uguali. Una sensazione che non fa avere un senso al tempo. Subito chiedo di chi fossero i gerani appesi alla barcunata. La risposta e' stata che a tutto ciò aveva provveduto qualche "operaio" del comune. Il giorno seguente mi sarei accorto di quanto fossero numerosi, per le vie del paese, durante un "giro di pista", e i gerani e gli operai del comune. All'imbrunire l'illuminazione pubblica nella mia via e sotto la "vareggia" non funziona. La mia via era al buio. Come se il sindaco mi avesse preparato una buona accoglienza. Tant'e' che il giorno successivo, dopo un cordiale saluto, mi chiese se mi ero preparato(non sapevo ancora a che). Primo giorno: Non poteva mancare il mare. Spiaggia libera (campo sportivo). Anche se questa sembra essere stata occupata dall' immondizie. Il mare e' proprio sporco. Di depuratori a Pizzo nemmeno l'ombra. Meno male che all'ombra ci pensano gli ombrelloni. Nel tardo pomeriggio, prima che la via ricada nel buio pesto, assisto, per la prima volta nella mia vita, ad un testa a testa tra un cane (peggy) ed un topo ("nu zoccoluni" come definito da mia sorella). Io ricordavo solo delle lotte tra gatti e topi. O al massimo tra gatti e cani. Ma tutto questo mi era nuovo. Il topo squittiva dalla paura, mentre il cane lo stanava dai cumuli di legna che vi sono sulle scalinate della via. Il topo si difendeva bene tanto da aver ferito il cane alla bocca, mentre questi tentava di azzannarlo. Il macht finiva a favore del cane dopo un mio intervento a colpi di scopa, visto che il topo si era infilato dietro la finestra della casa di mia zia. Il colpo di grazia lo dava mio zio. Tra le cose da annotare nella mattinata seguente c'e' la mia meraviglia nel vedere il "castello" che si sta costruendo, sempre nella solita zona, "supa li chiani". Quello che colpisce e' vedere qualcosa di nuovo che va a sorgere in posti dove tutto il resto è sempre più vecchio. Così come la nuova tribuna coperta sorge di fianco ad un campo sportivo che sembra un campo di patate. E come i nuovi spogliatoi che sorgono nei pressi di quelli vecchi e li dove un tempo sorgeva un campo da tennis (asfaltato, si avete capito bene) forse a tennis non e' più di moda giocare. Non voglio citare per ovvie ragioni il palazzetto dello sport. Sui muri di recinzione, di questo, compare una scritta, leggibile anche se hanno tentato di coprirla, contro l'amministrazione e il sindaco. Non mi meravigliano invece le condizioni in cui versa la statale 110, la fatiscenza della segnaletica e la chiusura della strada che dovrebbe portare all'area pic-nic. Area famosa con il nome di "Camunni". Luogo sul quale si sono spesi fiumi di parole su cosa e su come avrebbe potuto far guadagnare alla comunità del luogo. Da citare senz'altro, quello che per me e' un complimento. Don Domenico, che dopo avermi salutato, definiva il mio corner "qualcosa di alternativo". Martedì il classico mercato. E alla sera, la quarta di seguito, manca ancora l'illuminazione in via Alpini e Via Roma (tra l'altro due delle vie che compaiono su google earth alla faccia della tanto decantata cutura, di cui non si hanno notizie). Al sindaco sembra abbiano risposto che le ditte manutentrici sono in ferie. Quindi non si sa quando tornerà la luce.... Nel frattempo e' iniziata la Festa degli Emigrati che era stata pubblicizzata sui giornali locali. Ma mentre in piazza si esibiva Vitu Betoven e qualche altro paesano che con la vera musica non aveva nulla a che vedere, accompagnati da degli MP3 (questo non e' il nome di un gruppo ma l'estensione del file che un portatile riproduceva in "Vanbasco"), a Vallelonga, senza nessuna pubblicità, invece, si esibiva Franco Simone con un complesso in carne ed ossa e alla fine c'e' stato uno spettacolo pirotecnico. Credo che se quest'ultimo "evento" si fosse svolto a San Nicola da Crissa ne avrebbe dato notizia anche Al Jazeera. Mercoledì: Riparazione illuminazione pubblica. Ecco un evento degno di questo nome. Giovedì: Un altro evento per via Alpini, che fa incominciare a credere davvero all' "estate ricca di eventi". E cioè il vero e proprio ritiro "porta a porta" dei rifiuti domestici. Perché fino ad oggi i pochi abitanti della via dovevano portare i loro rifiuti domestici nei pressi della "vareggia". Questo perché sembra (le risposte da queste parti sono delle domande) abbiano problemi a salire per la via visti gli imponenti mezzi a loro disposizione. Ora le cose sono due o si e' iniziata la raccolta visto il mio arrivo, oppure si e' iniziato perché nella ruga adesso siamo in molti e ci saranno da smaltire "tonnellate" di rifiuti, tanti quanti, secondo Nicola Pirone, erano presenti a Camunni sotto i faggi ed i pini. Neanche fossimo stati a Napoli. Forse si sperava in un intervento dell'esercito. Durante i primi giorni di permanenza non è mancata la visita alle case popolari. Dove e' risaputo ci abiti mia sorella. "Allu scindire" ho voluto accorciare la strada venendo giù per "lu carusu". Trovo una strada allargata. Ma all'ingresso del centro abitato trovo un palo della luce in mezzo alla carreggiata. Fortunatamente sul lato opposto a quello di mia percorrenza. Nel percorrere il centro abitato quasi non faccio più caso al fatto di non trovare nessuno: "le strade vuote, non c'e' neanche il classico cane". Solo che a differenza di ciò che cantava Ligabue qui di cani randagi ce ne sono e anche troppi. Faccio caso invece ai continui colpi di malinconia nel vedere un paese in decadimento. Durante questi giorni non mancano neppure i continui andi e rivieni da qualche sorgiva per fare scorta di acqua...bevibile. Si, perché nonostante l'amministrazione ha portato a conoscenza, mai pubblicati i risultati delle analisi, che l'acqua che sgorga dai rubinetti e' potabile, questa risulta essere imbevibile. Peggio di tutti stanno quelli della zona "Colamaio" dove da un paio di giorni non hanno l'acqua nemmeno per l'uso domestico tant'e' che ho incontrato delle persone che lavavano i piatti proprio alla fonte che si trova nella stessa zona. Venerdì: Ieri sera sono iniziati i giochi, un tempo definiti popolari. Il solo, divertentissimo, calcio saponato ha sostituito i vari giochi di un tempo. I 100m., la gara della pasta, dell'uovo, della farina, del melone e molti altri, tra cui le pignate, sembra che anche quest'anno verranno riproposte. Chi di noi non ricorda i vari "campioni" di ogni "specialità". I 100metri erano sempre dominati da Franco "lu francese". Nella gara dell'uovo "Lu collocatore" non aveva avversari, sfrecciava con il cucchiaio in bocca senza mai far cadere l'uovo che vi era dentro. Si diceva che il suo trucco era quello di utilizzare un uovo sodo. Nella gara della farina eccelleva Eugenio Ingenuo(non e' uno scioglilingua). Nella gara de "li sacchi" Vittoriejro era insuperabile. Per la gara della pasta e del melone la "lotta" era sempre stata tra i soliti noti. Tra questi "Tommo guardianu" "Micu de Nicola randazzu", "Genio" e altri. Questo finché nelle due gare non presero parte, rispettivamente, per la pasta, Nicola Marchese (Lu scienziatu) e per il melone Vanni Paolucci (Lu borghese). Entrambi stracciarono i loro rispettivi avversari con tempi da guinness dei primati. Ieri sera si e' giocata anche la finale "interna" del torneo di calcio. Bisogna dire che rimane ancora una certa rivalità tra le squadre che vi partecipano. Rivalità che per certi versi non e' per niente negativa. Era presente un pubblico giovane, numeroso e caloroso. Mi sono chiesto dove fossero state tutte quelle persone la sera prima. Di sicuro né in piazza e né al campo sportivo. Forse sono arrivati tutti oggi. Sabato mattina manca la luce. Domenica mattina manca l'acqua. Mi informano che alla notte questa viene chiusa perché piove poco e le sorgive sono quasi al secco. Chissà se e' tornata a Colamaio, almeno durante giorno? In giornata non poteva mancare una capatina al mare e la cosa che si nota di più e' la crescita esponenziale, rispetto a domenica scorsa, delle auto che percorrono la statale 110. Tanto che un dipendente dell'Anas all'Angitola fungeva da vigile. Domenica sera in piazza dibattito sui sapori di una volta. E qui tanto per creare una degna atmosfera un fumo proveniente dalle grigliate di salsicce avvolgeva la piccola platea. Platea che minacciava di andarsene se non ci fosse stato il tanto sospirato "cessate il fuoco". In quel momento si capiva quale fosse una delle mancanze principali, alla quale l'amministrazione avrebbe potuto e dovuto rimediare, e cioè il vigile urbano. Che a sua volta avrebbe potuto e dovuto provvedere a risolvere il problema. A fine dibattito un esibizione di un gruppo "afro" con delle musiche etniche. Finalmente in paese qualcosa di alternativo (oltre al corner :D). Lunedì mattina a rischio rasatura visto che nel primo mattino manca ancora una volta l'acqua. Oggi ancora una volta si fa sentire la mancanza del vigile. Sembra infatti che per colpa di un auto parcheggiata male non e' stata svolta, in via Alpini, la raccolta porta a porta della spazzatura. Invece, contemporaneamente, a Tropea la presenza dei vigili si fa sentire e come. Un centinaio di multe sul lungomare per divieto di sosta. Alla sera immancabile "finale con gli emigrati" alla quale non volevo prendere parte. Poi per fare qualcosa di diverso o forse per fare sempre più qualcosa di uguale, a quello che facevo un tempo, vi ho preso parte. Al termine della partita, a notte inoltrata, ci sono state delle scaramucce in piazza, sempre per quella rivalità che in questo caso e' negativa. Queste scaramucce hanno "riempito" la serata, che non prevedeva altro. Non prevedevo neppure che a fine partita, svoltasi in tarda serata, avrei rischiato di non fare la doccia. Doccia impossibile da farsi nei nuovi spogliatoi, sia di giorno che di notte. Penso ai poveri abitanti de "la cutura" sempre a secco nonostante siano il "nord" del paese. Nei bar alla notte si beve solo birra in bottiglia, non alla spina, perché non si possono lavare i bicchieri. Martedì ci si aspetta un po' di "movida" dal mercato settimanale ma nonostante siano aumentati di molto i "dimoranti" a Sannicola, di movida al mercato se n'e' vista ben poca. Invece nel pomeriggio un ingorgo ai livelli di quello che aveva causato la signora della bionda chioma. L'ingorgo  era stato causato da un furgone che trasportava l'amplificazione per la serata "tra ca nui". Questo a causa delle macchine parcheggiate in divieto di sosta finiva per rimanere incastrato sotto il balcone della piazza. Balcone celeberrimo per i comizi e per le farse. Questo accadimento provocava uno storico, quanto stoico, ingresso di Vittoriejro nel CCAR. Lo stesso Vittoriejro in nottata ci offriva un'altra delle sue performance, durante le premiazioni. Spaziando, tra l'altro, dal bilancio del comune di Roma, al calciomercato. Dalla creatività dei calabresi, al fatto che una festa non si valuta dai cantanti che si portano o dalle persone presenti in piazza. Mercoledì 14 agosto: Un giro tra le vie più nascoste del paese. Un degrado da hinterland delle grandi metropoli. Numerosi elettrodomestici in disuso e reti del letto posti in bella vista davanti alle proprie case. Addirittura su una terrazza una sorta di magazzino a cielo aperto con lavatrici, frigoriferi e altro. Tutto ciò perché per poterli smaltire e farli portare all' "ecocentro" bisogna pagare una tassa di 10 euro per ognuno. La gente preferisce tenerselo davanti casa. Se non altro non si buttano più sotto qualche "cafuni". 15 agosto: Piove cenere. Un grosso incendio divampa per tutto il pomeriggio su una vasta area. Non ci sono interventi per via aerea. Dicono che i mezzi antincendio sono impegnati in altre zone. Un Canadair lo vedo io parcheggiato in aeroporto a Lamezia alle 18:30. Sarà guasto? L'incendio continua per tutta la notte. Giorno 16: L'incendio continua. Si e' protratto su vaste zone. Continua anche la pioggia di cenere che ha ricoperto i davanzali e le macchine. Neanche fossimo in prossimità dell'Etna durante qualche sua eruzione. Finalmente c'e' l'intervento di un elicottero, anzi due. Visto che ora anche gli incendi sono due. Poi sembra arrivare la vera pioggia. La prima dopo due settimane. Quattro gocce. Serve solo a sporcare, ancor di più, se ce ne fosse bisogno, le automobili. Nel pomeriggio metto a rischio i cerchi in lega e il sottoscocca della mia auto per salire a Camunni. La strada e' disastrata. E dei lavori, tanto annunciati, nemmeno l'ombra. Nella serata incontro cittadini-amministrazione (ecco a cosa mi sarei dovuto preparare!) che avrebbe dovuto svolgersi il 13 "al chiuso". Ma se così fosse stato come avrebbero fatto ad esporre quei mega cartelli (sempre in stile berlusca)? Non vi ho preso parte. Grazie ad un ritardo dei treni ho potuto mantenere fede alla promessa fatta nel forum sulla mia non partecipazione. Ho avuto il tempo di vederne l'allestimento e credo che se un'amministrazione di un paesino del nord si presentasse ai propri cittadini pubblicizzando queste grandi opere verrebbe derisa. Da parte mia e' valsa la stessa cosa. Si vanta uno sportello bancomat, un'autoambulanza frutto di una donazione (non si spiega, ancora, perché ne e' stata fatta benedire un'altra), una lottizzazione che in altri posti esiste da decenni. Per non parlare poi di una quasi pubblicità occulta alle poche aziende presenti nella zona industriale. Per quel che riguarda il forum ci sono state varie discussioni, a cui ho preso parte, durante le mattinate trascorse in piazza. Qui il sindaco e gli assessori hanno tenuto a precisare che molte delle cose che io ho messo in discussione sono solo frutto delle "cazzate" scritte dai giornalisti. Nella fattispecie da Nicola Pirone. Vedi i 6MB del wi-fi. Vedi il contratto con Jean Pierre Tassora. 17 agosto: Consiglio comunale in piazza. Le solite parole di circostanza. Tra le altre cose, interessante, invece, la discussione concernente la possibile presenza a Sannicola di una antica chiesa, ancora da scoprire. Al termine serata musicale e un'immancabile scazzottata in piazza tra due giovani residenti in paese. Nella tarda nottata arriva notizia di un altra scazzottata avvenuta a Capistrano. Alla quale hanno preso parte dei nostri compaesani. 18 agosto: Inizia la settimana del crocifisso. Qui ancora va di moda collegare le settimane ai riti ecclesiastici. Anche questa notte si e' rimasti al "secco". Alla mattina appena riaperta l'erogazione dell'acqua una parte di questa viene usata per lavare le strade e per innaffiare i gerani. Questo servizio negli ultimi giorni viene svolto dal sindaco. Forse la risorsa idrica andrebbero utilizzate meglio. Visto che poi ci si lamenta di quelli che danno da "bere" alle loro coltivazioni. Così come andrebbero utilizzati meglio le sovvenzioni. Visto che ancora in paese manca un depuratore. Depuratore per il quale i cittadini pagano una tassa. Ma come al solito non voglio addentrarmi in discussioni "politiche". 19 agosto: Anche stanotte una rissa "un rito una messa che puzza un bel po' di routine". Questa volta sono venuti da fuori a fare a botte tra di loro. In giornata sono andato a visitare il sito in zona "monacelle" di cui si era discusso durante il consiglio comunale, per vedere le famose "vasche". Il luogo, secondo me, andrebbe tenuto "pulito". Soprattutto dopo che si e' lavorato per riportarlo alla luce. E soprattutto perché sembra che questo abbia una valenza storica per il paese. Va tenuto pulito, anche, ora che se ne parla in incontri pubblici e si porta a conoscenza di tutto questo a persone che non ne sapevano della sua esistenza e persone che in questo momento diventano dei potenziali visitatori. Stessa cosa dicasi per gli scavi effettuati all'interno della chiesa di San Nicola. Alla sera nel circolo ARCI effettuiamo delle registrazioni per il sito. Mercoledì 20: Continuano le registrazioni per il sito. Questa volta a casa del "Maestro Mazzè". Mio maestro alle elementari. Nel frattempo si fa sempre più critica la situazione idrica. Difatti gli abitanti della parte alta del paese si trovano a poter utilizzare l'acqua solo per poche ore al mattino. A detta del sindaco sembra che il problema verrà risolto lunedì prossimo. Quando molte persone avranno lasciato il paese. Perché non farlo prima? Le risposte sono molteplici, mai esaustive, alle volte mancano proprio. Pomeriggio al mare. Dalla spiaggia scorgo un treno passare. Sembra sia stato l'unico a passare durante la mia permanenza sulla spiaggia. Tutto questo mi fa ricordare quando da bambino non me ne "scappava" uno. Erano molti di più a passare, proprio perché stavo attento per vedere il loro "passare". Forse un presagio o la consapevolezza che un giorno sarebbe stato quello il mezzo, con cui potere, o dovere, "scappare" da quei posti, da quel poco che avevo. 22 agosto: Giornata anonima come quelli che incontro per le strade. In serata un "evento" ai livelli dell'ingresso di Vittoriejro nel CCAR. Sono in piazza, dove sarà celebrata la messa, per far vedere Gesù a mio figlio. Quando mi chiamano se posso dare una mano per portar fuori la statua dell'addolorata. Rimango interdetto ma poi do l'aiuto richiestomi come avevo fatto altre volte, in passato, quando all'interno della chiesa si doveva spostare qualche statua; del crocifisso piuttosto che della madonna del rosario. Ho pensato a qualche possibile "catastrofe". Ho pensato anche agli anonimi presenti e che a giorni, questi, avrebbero potuto far notare, ancora una volta, la mia incoerenza. Alla sera in piazza si discute delle varie problematiche esistenti in paese, da sempre, e delle quali si e' discusso, anche, nel forum. Molti mi chiedono chi sia questo Licata che ha incentrato su di se le attenzioni dei molti "lettori" del forum. Tutti mi/ci invitano a scrivere, al nostro ritorno, di queste cose. Come se loro non volessero esporsi o addirittura compromettersi. Il problema grave continua ad essere la mancanza dell'acqua. Faccio notare che l'amministrazione avrebbe dovuto preoccuparsi di comunicare ai cittadini, delle varie zone del paese, in quali orari sarebbe stata erogata l'acqua e quindi quando fosse stato possibile utilizzarla. E che avrebbero dovuto scusarsi con i cittadini, residenti e non, per la grave situazione in cui ci trovavamo. G.B. Galati mi fa sapere di star inviando un articolo a Il quotidiano nel quale rimarcava le stesse mancanze da parte dell'amministrazione. Sabato 23: Mi aspettavo che a svegliarmi fosse stato il "passaggio" de "la banda". Quello mi avrebbe portato a vecchi ricordi. Ricordi di quando gioiosamente, nell'ascoltare la musica, mi svegliavo e presto salivo in piazza a "trovare" le bancarelle e soprattutto il tiro a segno. A trovare il palco, che era stato costruito da alcuni giorni, dove "su e giù" si giocava. Così non e' stato. La banda passava solo in tarda mattinata. Mia madre mi invita a "vestire bene" mio figlio. E' la festa della sua confraternita. Un passato remoto che non vuole "passare". Rimane presente. Forse e' solo un mio punto di vista. Di sicuro non lo e', ancora, per molti, in paese. Il passato, per loro, deve rimanere. Domenica: In serata la processione. Alla quale prendono parte molte persone, meno che in passato comunque. Alcune persone non le avevo mai viste durante il mio "soggiorno" in paese. Molti saranno venuti apposta. Gente che non vedo da due decenni. Sembra sia impossibile che sia passato così tanto tempo. Le stesse persone anni or sono le vedevo quotidianamente come se queste, un tempo, facessero parte della mia esistenza e ora invece mi rendo conto che non ne ricordavo più la loro di esistenza. Lunedì 25: Inizia l'ultima settimana di ferie. Le feste sono passate. E come dicono in molti qui: "finiu l'estati". Difatti in giro incomincia a non vedersi più nessuno. Finalmente sono iniziati i lavori per riparare il guasto alla rete idrica. Guasto che ha rovinato le ferie di molti. E' iniziato anche il rifacimento del manto stradale su un tratto della statale 110. Martedì: Sembra sia stato risolto il guasto alla rete idrica. Al mercato settimanale poca gente e pochi venditori. Quest'ultimi si lamentano per la tassa che devono pagare ad un LPU che funge da vigile. Altro incendio "un rito una messa" ma che questa volta puzza di bruciato e di "interessi" per qualcuno. Nella serata l' LPU non può far nulla quando un assessore, a suo dire per ripicca, lascia la sua auto in divieto di sosta. Mercoledì 27: Finalmente piove, "Ddeo dice acqua", per un po' almeno non ci saranno incendi. Giovedì: Si ripresentano i problemi alla rete idrica. Il temporale ha portato anche dei problemi per quel che riguarda l'illuminazione pubblica sempre nella parte alta del paese. Venerdì: Da un po' di giorni le strade si sono svuotate di gente e si sono riempite di malinconia. Sabato 30: Partenza per il ritorno al posto della mia residenza. Mi lascio alle spalle i problemi del luogo: le strade malmesse, la vegetazione arsa, gli incendi, i problemi all'illuminazione, i guasti alla rete idrica. Il paese, alle spalle, mi guarda, mi segue, sembra proteggermi con il suo sguardo fino all'angitola. Dove il paese non ci "vede" più. Dove passando sotto l'omonimo ponte si attraversa una sorta di gigantesco stargate. Un passaggio verso nuovi mondi, nuove destinazioni. Dei viaggi nel tempo. Tutto ciò avviene per tutti noi da quando questo e' stato costruito. Da quel giorno in poi tutti quelli che siamo partiti, compiendo questo "viaggio", siamo passati per di la. E ancora oggi facciamo lo stesso ad ogni nostro ritorno e ad ogni nostro addio. Ogni ritorno per le ferie e' quasi un viaggio nel tempo. Un viaggio nel passato. Un viaggio nella nostra memoria. Un viaggio in noi stessi.

Settimana bianca a Roma




Molti si saranno chiesti, oppure se lo staranno chiedendo in questo momento, se sia mai possibile trascorrere una settimana bianca nella città eterna. Eppure per qualcuno, forse, fu possibile. L'occasione propizia per poter, magari, coronare il sogno di una vita, non fu la nevicata del '56, come qualcun altro giustamente potrebbe pensare, bensì l'occasione, come dicevo, propizia per quel qualcuno si presentò allor quando a Roma si tenne una manifestazione nazionale per il lavoro. Era la metà degli anni '80. Anni nei quali questo tipo di manifestazioni erano di moda. Eravamo nel pieno degli anni di fango. A quei tempi non c'erano, come adesso, distinzioni tra centrodestra e centrosinistra. La magna magna al governo era generale. Erano gli anni dei governi del pentapartito. All' opposizione c'era invece la vera sinistra di un tempo, che era quasi tutta concentrata nel grande partito comunista del compianto Enrico Berlinguer. Partito che veniva da un 30% di voti ottenuto alle elezioni europee. La manifestazione per il lavoro era organizzata dalla confederazione sindacale C.G.I.L. , C.I.S.L. , U.I.L. . Per il nostro paese era organizzata dai soliti noti, Francu Tete, Alfredo, Ntone lu cecatu ed altri, magari meno noti di questi. Da notare che, naturalmente, il viaggio verso la capitale era gratuito, o meglio il tutto era a spese della confederazione sindacale. Nessuno, anche qui naturalmente, aveva nulla da ridire su queste spese. Cosa che invece fu rinfacciata al Berlusca quando lo stesso organizzò a spese del suo partito e dei partiti alleati una manifestazione nazionale contro il governo. Avete mai visto voi una manifestazione a spese dei manifestanti e non a spese di organizzazioni sindacali o di qual si voglia altra associazione? Vedremo più avanti come andò quel viaggio, gratuito, verso la capitale. Comunque, era quella manifestazione che offriva anche a noi la possibilità, oltre che a quel qualcuno di trascorrere la sua settimana bianca, di andarcene a Roma per un giorno, un sabato, gratuitamente. Naturalmente non per manifestare, ma per passare un sabato diverso. Un sabato nuovo. Per di più a gratis. Sapemmo della manifestazione, e quindi del viaggio, solamente il giorno prima. Quindi non ci fu molto tempo, a nostra, ed altrui, disposizione, per poter decidere tranquillamente sul da farsi. C'era un pullman da riempire. E che pullman. Il nostro gruppo nel gruppo si compose da subito da me, Bruno G. e Nazzareno P, assidui frequentatori della sezione paesana del P.C.I. . A noi si aggiunsero Pasquale M. e Nicola M.. Però volevamo infoltire ancor di più quel gruppo nel gruppo, che da lì a poco sarebbe andato ad unirsi a un gruppo immenso, gruppo di circa un milione di manifestanti, nonostante la questura. Anche se questo come ho già detto non era nelle nostre intenzioni. Passammo il pomeriggio a cercare, in piazza, qualche altro "compagno" da unire alla piccola comitiva. E qualche altro passeggero di quel pullman sgangherato. Nessuno era disposto a venire. Mancavano poche ore alla partenza. E c'era anche la scuola il giorno dopo. Niente da fare. Nessuno si voleva unire a quel piccolo gruppo di manifestanti. Fu così finché, davanti al tabacchino, non passò "Colaccinu". Al secolo Nicola F.. Il quale era sempre indaffarato con i suoi lavori. E non era uno che frequentava la piazza. Quel giorno a quell'ora passò con la sua vespo. Ed il destino volle che si imbattesse in noi, che non avevamo il suo da fare. Colaccinu era uno che nella gioventù ne aveva combinate delle sue. Dal bersi la candeggina pensando fosse acqua, all'ustionarsi il volto con della benzina. Si racconta che quel fatto successe perché accese l'accendino in prossimità del serbatoio della sua vespa, per vedere quanta miscela ci fosse dentro. Forse questa era solo una leggenda. Non era leggenda, invece, il fatto che avesse la faccia tutta nera per via di quell'ustione. All'arrivo di Colaccinu, così come per ogni altro passante in quel venerdì pomeriggio, la domanda fu: "A Nicola ti nda vene a Roma?". Dopo un po' di spiegazioni su come ci si doveva arrivare e su quello che dovevamo, almeno sulla carta, andare a farci, Nicola esclamò: "Quasi quasi mi nda vegno. E si vegno mi spagnu ca mi la fazzu la settimana bianca" (Quasi,Quasi vengo anche io. E se vengo ho paura che mi faccio la settimana bianca). Datemi un po' di tempo che mi organizzo e poi vi saprò dire con precisione, disse. Si partiva, da sutta a "Ndon Titta", alla mezzanotte, per arrivare a Roma in mattinata. Lì, Colaccinu si presentò con sulle spalle un grandissimo scatolone che sembrava un baule. In quel momento cominciavamo a credere veramente alle sue parole. E cioè che si sarebbe fatto, davvero, una settimana a Roma. Evidentemente, visto che doveva essere una settimana bianca, dentro aveva scarponi e salopette, piuttosto che gli sci. Ci sarebbero potuti entrare, da quanto era grande quel bagaglio. Bagaglio legato con lo spago, come nelle migliori tradizioni. A Colaccinu mancava solo il colbacco. Ma poi avrebbe imitato troppo Totò e Peppino de "La malafemmina" e lui era un tipo originalissimo. Da notare che quella settimana che doveva essere, nelle sue intenzioni, bianca, era una settimana di fine maggio. Comunque partimmo alla volta di Roma. Il viaggio fu uno strazio. In autostrada venivamo puntualmente sorpassati da pullman gran lusso, con tanto di aria forzata, a quei tempi andava di moda questo termine, che avevano la stessa nostra meta. Mentre noi, al massimo, nonostante fosse quasi estate, potevamo permetterci una stufa. Stufa che, quelli che sedevamo nella parte posteriore del pullman, avevamo sotto i piedi. La stufa era il motore di quel vecchio trabiccolo. E ogni tot di chilometri bisognava fermarsi, in qualche piazzola piuttosto che in qualche autogrill, per fare in modo che la stufa si raffreddasse un po'. Nella parte posteriore del pullman solitamente si sedevano i casinisti. Ed in quella parte posteriore erano seduti anche i componenti di un altro gruppo nel gruppo, anche loro casinisti, che era composto, fra gli altri, da Claudio Bajuni, Vitu Bettega e Vitu de Maria Gnau. Loro ebbero la splendida idea, per loro ma anche per tutti gli altri, di portare un sacco, quelli di carta della farina, pieno di rosette. Il sacco pieno se lo erano procurato poco prima, a loro spese e non della confederazione sindacale, naturalmente, al panificio, che a quei tempi funzionava "alla papa" e dove ci lavorava anche il "nostro" Pittis. Fu quella la trovata, insieme a "chilati" di affettati vari, che allietò il viaggio verso la capitale. Capitale in cui arrivammo la mattina seguente, verso le otto e trenta. Qui iniziarono le prime schermaglie, attraverso i finestrini, con i passanti, per le vie di Roma. Neanche fosse stata una trasferta calcistica. Scendemmo dal pullman davanti alla stazione Termini. E lì ci venne indicata la piazza dove ci saremmo dovuti ritrovare, verso le quattordici e trenta, per il ritorno a casa. Ritorno a casa, che visto il pullman e visto che nessuno di noi conosceva Roma, non era poi così tanto scontato. Il gruppo nel gruppo degli organizzatori paesani si incamminò verso il posto dal quale prendeva inizio il corteo dei manifestanti. Il gruppo nel gruppo degli altri casinisti non vidi per dove si diresse. Il nostro gruppo nel gruppo aveva appuntamento, davanti alla stazione Termini, con la sorella di Nicola M. che in quel periodo studiava a Roma all' università. Colaccinu, che faceva gruppo a sé, lo vidi indirizzarsi per non so bene dove, in mezzo a tutto quel traffico, con sulle spalle quel suo bagaglio, che per come lo portava doveva essere bello pesante. Il contenuto, oltre che pesante, doveva essere molto importante. Sparì nel nulla. Anzi nel "molto" della Roma che ci trovavamo davanti. Luci, colori, semafori, cartelloni pubblicitari, suoni, grida, clacson, sirene, macchine, pullman, taxi, barboni, lavavetri, accattoni, poliziotti e naturalmente manifestanti. Nel frattempo arrivò la sorella di Nicola insieme al suo ragazzo. La quale, per la paura di quello che avremmo potuto combinare o che ci fosse potuto accadere per le vie di Roma, ci disse che a Roma, visto che ci sarebbe stata la manifestazione, quel giorno, sarebbe rimasto tutto fermo. Dai pullman alla metropolitana ad ogni sorta di mezzo pubblico di trasporto. E ci esortava a prendere parte alla manifestazione insieme al gruppo organizzatore paesano. Naturalmente noi dubitavamo delle sue parole, ma la invitammo ad andar via tranquilla in quanto saremmo andati alla manifestazione. Da lì allo scendere sotto la metropolitana la strada fu breve. Penso che ci facemmo tutte le fermate che era possibile fare, tra le due linee della metropolitana, per quel che riguardava il centro di Roma, in quel lasso di tempo, che avevamo a nostra disposizione. Ove era possibile scavalcavamo i tornelli, che oggi sono diventati famosi per gli stadi sicuri, per non pagare il biglietto. Nella metropolitana così come per le vie della Roma antica ne vedemmo di tutti i colori. Ma per quanto giovani eravamo sicuri. Tranquilli, non tanto. Come quando in metropolitana Nicola M. fece capire a tutti noi, e ad alcuni brutti ceffi, quanto fosse sicuro di se. Tenendo il portafoglio stretto in mano attraverso la tasca dei pantaloni disse: "lu partafogghio no cazzu mi lu futtenu" (Il portafogli non me lo fregano). La mattinata ci volò via. Arrivarono presto le tredici e trenta e c'era da trovare la piazza, Ragusa, penso di ricordare bene, dove avremmo dovuto ritrovarci e dove avremmo dovuto essere per le quattordici e trenta. A quell'ora in quella piazza ci ritrovammo tutti, quelli che eravamo partiti. Tranne uno. Colaccinu. Lui mancava all'appello. Era proprio vera l'intenzione di farsi la settimana bianca. Lo vedemmo dopo un po' di tempo in piazza davanti al solito tabacchino dove ci disse che era rimasto a casa del fratello. Che in quegli anni viveva a Roma. In ogni caso rimane ancora oggi il mistero di cosa, quel giorno, portò a Roma in quel grandissimo scatolone, tanto da somigliare ad un baule, legato con lo spago. Se davvero dentro ci fosse tutta l'attrezzatura per la settimana bianca, oppure ogni ben di dio, tra suppressati, satizzi, pane, vinu,ojjo, olivi scacciati, zziriminguli, pruppuna, frittuli, ndujra, boccolari, pumadora calijati, ascadi, castagni, nuci, nucijri, e li pasticcini sicchi, fatti da Scaturchio, che non possono mai mancare. Si, in quel grandissimo scatolone poteva starci tranquillamente, anche, tutto questo. Se Colaccinu trascorse la sua tanto sospirata settimana bianca in quel di Roma e coronò, in quel modo, il suo sogno, rimane a tutt'oggi, insieme al contenuto del suo "pacco", un mistero.

La barca di San Pietro





C'è un usanza nell'Italia settentrionale che si tramanda da moltissimi anni, di generazione in generazione. Che comunque sta andando via via perdendosi. Questa antica usanza vuole che nella notte tra il 28 ed il 29 giugno, la notte antecedente il giorno in cui si festeggiano i santi Pietro e Paolo, in una caraffa, o qualsiasi altro recipiente in vetro, piena di acqua pura, venga versata la chiara di un uovo, fresco. La caraffa poi viene lasciata l'intera notte, sotto le stelle, possibilmente in un prato, così da poter prendere, meglio, la rugiada. Al mattino seguente la chiara d' uovo avrà assunto la forma di un veliero. E questo veliero viene chiamato "La barca di San Pietro". Per ricordare che San Pietro è stato un umile pescatore. In alcuni casi il veliero è così ben definito da osservarne l' albero, le vele e appunto San Pietro. Il fatto curioso è che in nessun altro giorno dell'anno questo fenomeno si ripete. Ed il perché ciò avvenga, solamente in quel giorno, non e' chiarito dalla scienza. Gli esperti dicono che si tratta di fenomeni di "cosmopatia" e di fenomeni "fluttuanti nel tempo". Spiegando che, una reazione chimica tra più sostanze, di cui una organica, avviene giorno dopo giorno in condizioni diverse, le stesse condizioni si ripetono solamente nello stesso giorno dell'anno successivo. Comunque non saprei dirvi come sia nata questa usanza e per quale, strano, motivo venne fatta la prima volta. Comunque da questa, un tempo, si cercava anche di trarne dei benefici sui raccolti. Ed il veliero ben definito era, anche, presagio di un buon futuro. Altri volevano che, nel caso che la barca avesse avuto delle larghe vele, fosse in arrivo la pioggia. Se invece fosse stato visibile San Pietro in barca, il tempo sarebbe stato asciutto. Riguardo all' argomento c'è anche un vecchio detto popolare che dice: "Se piove a San Paolo e Piero piove par on ano intìero". "Se piove il giorno di San Paolo e Pietro piove per un anno intero". Insieme a queste leggende ce ne sono molte altre. Come quella che vuole che, se un fiore viene reciso la notte di San Giovanni (23/24 giugno) e viene appeso, rimarrà intatto per molti giorni e seccherà,soltanto, dopo molto tempo. Altre leggende vogliono che, se si mangia un uovo, fresco di giornata, il venerdì santo, non si verrà punti dagli insetti. Così come, se lo stesso giorno verranno potate le viti, le uve di quelle viti non verranno mangiate dagli insetti. E se nel giorno dell' ascensione si mangia un cotechino ripieno di lingua, si potrà andare tranquillamente per i boschi, in quanto non si rischierà di venir morsi dalle vipere. 

Heysel, 29.05.1985




Sono passati molti anni da quella serata maledetta. Anche se troppo pochi per poter dimenticare. Troppo giovane per capire quello che stava succedendo. Anche se il perché, di tutto quello che e' successo, nessuno potrà mai capirlo. Troppa attesa per poter festeggiare, festeggiare una coppa campioni, la prima. Coppa pagata a caro prezzo, senza colpe. Prezzo pagato con la vita, da 39 tifosi. Tifosi di ogni età, di ogni parte d'Italia e anche dall'estero. Prezzo pagato con l'esistenza stravolta, dai familiari delle vittime. Oggi a tutto questo tempo di distanza mi chiedo se e' possibile perdere la vita in quel modo e soprattutto se e' ammissibile togliere la vita a qualcuno per una partita di calcio. E chissà se, invece di 39 persone morte, quella sera, ne fossero nate altrettante a quest' ora avrebbero raggiunto quella maturità che dovrebbe portare qualsiasi persona a capire che non e' accettabile morire in quel modo per qualsiasi altra cosa al mondo. Voglio ricordare quella serata e soprattutto le vittime, con il racconto di chi, quella sera, era presente, e l'ha vissuta in prima persona. Il racconto e' tratto da www.juventus1897.it e che pubblico grazie al permesso dell'autore(chub062@hotmail.com).


" E’ quasi mezzogiorno quando arriviamo a Bruxelles. Il viaggio è stato interminabile, soprattutto per me che non riesco a dormire in pullmann. Lungo il percorso ogni tanto abbiamo superato altre carovane di tifosi juventini, con i quali ci siamo salutati chiassosamente, ma avvicinandoci alla città il numero di pullmann bianconeri è aumentato in maniera esponenziale: siamo una marea e questo, anche se si tratta solo di una illusione, ci fa ben sperare per l’esito della partita.Il parcheggio che ci hanno riservato è grandissimo ed è stracolmo di tifosi. Cerco qualche faccia conosciuta, ma so che è inutile. Solo io, Gino e Fabio siamo arrivati qui per strada; gli altri tifosi della mia cittadina stanno arrivando in aereo, beati loro che possono. Cerchiamo le indicazioni per lo stadio. Non ce ne sono oppure non le vediamo, seguiamo la corrente bianconera, qualcuno là davanti saprà dov’è. Una breve pausa per una foto davanti all’Atomium: l’ho visto mille volte sui libri di geografia e vederlo dal vero mi fa un certo effetto. Finalmente arriviamo nei pressi dello stadio: esternamente non ci sembra granché, spero che sia meglio all’interno. Sui prati attorno allo stadio ci sono tantissimi gruppetti di tifosi: c’è chi mangia, chi dorme, chi legge la Gazzetta e avvicinandoci sentiamo i discorsi concitati di mille allenatori; ognuno ha la sua formazione e la sua tattica di gara, ci accomuna solo la speranza che non si ripeta la beffa di Atene.Io, apprensivo come al solito, voglio individuare l’ingresso del nostro settore per non essere impreparato quando apriranno i cancelli; Gino e Fabio mi prendono in giro ma si uniscono a me nella ricerca. Ci avviciniamo al perimetro dello stadio e cominciamo a percorrerlo. Nei pressi di quella che dovrebbe essere la tribuna centrale ci sono delle transenne. Qui non si passa. Facciamo un giro più ampio e arriviamo in corrispondenza di una delle curve. Sarà la nostra? Assorti nella ricerca, non ci siamo accorti che il colore dei prati circostanti è gradualmente mutato: da verde, bianco e nero è diventato verde e rosso. Qui ci sono i tifosi del Liverpool. Nella illusoria speranza che la mia maglia bianconera e quella di Fabio non risultino così evidenti (come se quella blu da trasferta di Gino con il logo Ariston, lo scudetto e le stelle sembrasse una normale polo…) proseguiamo nel nostro cammino. Non posso fare a meno di sbirciare i volti dei tifosi inglesi, nel timore di una espressione di minaccia e nella speranza di un sorriso di complicità.Un ragazzo si stacca da un gruppetto numeroso e si avvicina. Sorride timoroso, indica la mia maglia e mi parla. Accidenti, come è diversa la sua parlata dall’inglese della prof.; comprendo la metà delle sue parole, ma capisco che vuole cambiare la mia maglia con la sua. Perché no? Magari ci speravo in una cosa del genere e forse sarà per questo che, oltre alla maglia ufficiale, mi sono portato una maglia replica acquistata su una bancarella davanti al Comunale prima della partita con il Bordeaux. Facciamo lo scambio. E’ bella la loro maglia, di un rosso che comunica passione; chissà quand’è che la Juve deciderà di adottare le maglie fatte con questo tessuto lucido. Ci diamo la mano e ci salutiamo. Io gli dico: “Good luck”, ma non lo penso veramente, non per stasera almeno. Proseguiamo nella nostra ricerca, arriviamo quasi alla fine della curva prima del settore dei distinti; qui c’è un po’ di movimento. Non capiamo o forse capiamo ma non ci sembra possibile. Ci sono dei tifosi a cavalcioni del muro di cinta che in questo punto mi sembra più basso che altrove e con il filo spinato rotto; altri tifosi stanno passando loro dei contenitori, sembrano casse di birra. Forse stanno portando dentro degli striscioni, ma qualcosa ci dice che la prima impressione è quella giusta. Questi sembrano meno amichevoli di quelli che abbiamo incontrato prima e allora decidiamo di non indugiare troppo e ci affrettiamo ad allontanarci. Passato il settore dei distinti, l’ambiente torna a tingersi del rassicurante colore bianconero e vediamo anche un cancello con sopra un cartello che recita “Juventus”; non ci è dato di sapere se è l’ingresso del nostro settore, ma una valutazione della piantina dello stadio disegnata dietro al biglietto di ingresso ci spinge a pensare che sia così. Chiedo a tutti quelli che incontro se è questo il settore ‘N’ e puntuale arriva la presa in giro di Gino e Fabio. Siamo arrivati e anche se è un po’ presto, decidiamo di fermarci qui. Anni di partite al Comunale ci hanno insegnato che se non sei davanti ai cancelli quando aprono, ti rimangono i posti peggiori.Il pomeriggio avanza, fa caldo (perché quando compri la maglia ufficiale ti mandano sempre quella a maniche lunghe invernale?), il numero di tifosi aumenta e tutti si accalcano. Già da tempo abbiamo rinunciato a stare seduti e, per giunta, nel gruppo si è infilato anche un poliziotto a cavallo ed io, con la mia solita fortuna, sono faccia a faccia con il quadrupede. Spero che sia stato addestrato bene. Sorrido al poliziotto, nella speranza che capisca che qui non ci sono teppisti, ma lui non si smuove. “Vabbè, l’importante è che tu tenga buono Furia” penso io. Cresce l’eccitazione. La batteria dell’orologio mi ha abbandonato, ma penso che ormai ci siamo. Ora aprono. E’ come una scossa. Cominciano i cori “Juve, Juve” prima ancora di entrare. Siamo dentro. Ci sistemiamo in una posizione decente, vicino ai distinti e cominciamo a studiare quello che sarà il teatro della partita. Il prato è uno splendore. Qui il verde sembra – se possibile – più verde, che meraviglia. Però il resto non è granché: lo stadio non ci sembra molto grande; sicuramente è molto vecchio e comunque tenuto male. Addirittura i gradini larghi e bassi sono in più parti sbriciolati. Penso che sia quasi meglio il Comunale, che ho tante volte denigrato. Ricomincio a fare il solito giochetto delle “forze” sugli spalti, come se il numero dei tifosi fosse decisivo. Guardo verso al curva opposta alla nostra, dove ci sono i nostri “nemici”, ma non è tutta rossa: nella parte verso le tribune ci sono degli juventini. Chissà, forse siamo talmente in tanti che ci hanno riservato anche quel settore. Intanto lo stadio si riempie. Per ingannare l’attesa si parla, si legge un quotidiano faticosamente mendicato al vicino; ogni tanto qualcuno parte con un coro e allora tiriamo su sciarpe e bandiere e cantiamo per darci coraggio e sperando di darne ai giocatori. C’è uno dietro di me che ha uno striscione con scritto “Mamma sono qui”. Questa mi mancava.L’eccitazione aumenta sempre più. Non riesco più a calmarmi, se continuo di questo passo esaurirò le unghie prima dell’inizio della partita. Un boato. Sono entrate delle persone con la tuta della Juve sul campo. Da qui non riconosco i volti, potrebbe essere il massaggiatore, ma potrebbe essere anche Platini. Quanto manca? Sono quasi le sette. Manca ancora parecchio ed i minuti sembrano espandersi nell’attesa. Mi metto tranquillo. Ma dura poco.Un brivido percorre la curva, forse stanno entrando i giocatori a vedere il terreno di gioco. No, sta succedendo qualcosa sulla curva opposta. Cerco di capire. Dai due settori riservati ai tifosi del Liverpool stanno lanciando degli oggetti verso il settore degli juventini, sembrano bottiglie, forse sassi, non vedo bene. La parte della curva bianconera fischia, anche noi fischiamo. Ma proprio stasera dovevano fare casino? Fra le due tifoserie compatte si è aperta una frattura. Poi, come comandati da un unico impulso, i tifosi del Liverpool cominciano a muoversi in direzione di quelli della Juve. “Ci saranno le reti” mi dico, “Arriverà la polizia” spero, “Si fermeranno” prego. Si fermano. Ma è un attimo. Come una molla gli inglesi si ritraggono e poi ripartono, ma questa volta non si fermano, continuano ad avanzare. La massa dei tifosi bianconeri si sposta verso le tribune, forse stanno uscendo. Da qui vedo che molti si riversano sul campo di gioco. Forse gli addetti hanno aperto i cancelli e per evitare problemi li fanno entrare sulla pista. Il settore è quasi vuoto. E quelli del Liverpool si sono fermati; lentamente ritornano verso i loro settori e cantano. Cerchiamo di capire, ma da qui è difficile. L’altoparlante dello stadio non da comunicazioni. Speriamo che non rimandino la partita. Sarebbe il colmo essere venuti fin qua per non vederla. Passano i minuti. Il settore degli juventini rimane vuoto, i suoi occupanti sono tutti in campo. Mi sembra di sentire delle sirene. Stanno arrivando i rinforzi per la polizia, oppure sono ambulanze, forse qualcuno si è fatto male. Intanto il tempo trascorre, adesso troppo in fretta. Ma insomma, cosa fanno, perché non dicono nulla? L’altoparlante dello stadio comincia a emettere suoni, ma la confusione è tanta e i messaggi arrivano frammentati. Riusciamo a capire che i capitani delle squadre leggeranno un comunicato. Si sente una voce timida, è Scirea ci dicono: “La partita verrà giocata per consentire alle forze dell’ordine di organizzare l’evacuazione del terreno. State calmi. Non rispondete alle provocazioni. Giochiamo per voi” . Poi un’altra comunicazione, questa volta in inglese. Questi è Neal, il capitano del Liverpool. Non riusciamo a capire. Ma la partita è valida?Intanto il campo è sempre pieno di persone, a cui si vanno aggiungendo squadre di poliziotti o soldati che si dispongono attorno al perimetro del terreno. Se possibile, il trambusto aumenta quando entrano in campo alcuni calciatori della Juve circondati da un gruppo sempre più folto di persone. Arrivano quasi sotto la nostra curva. Nella calca mi sembra di riconoscere Cabrini, ma non ne sono certo. E’ tardi, l’orario di inizio è trascorso. Scirea ha detto: “Giochiamo per voi”, spero che non ci abbiano ripensato. Impercettibilmente il campo si svuota, tutte le persone che c’erano prima sono scomparse. Forse i tifosi della Juve scesi sul terreno di gioco sono stati smistati in altri settori dello stadio. Abbiamo notato che molti spettatori dei distinti alla nostra destra sono andati via. Forse si sono impauriti per il trambusto. Vediamo un varco nella rete divisoria fra i settori e molti tifosi della curva ci passano attraverso per spostarsi nei distinti. Lo facciamo anche noi, vogliamo vedere un po’ meglio. Non c’è nessuno ad impedicerlo.Sono già passate le nove, quando inizia la partita. I minuti prima lentissimi adesso passano troppo velocemente. Le squadre giocano abbastanza bene, sembra tutto normale. Voglio pensare che sia tutto normale. Noi facciamo qualche azione buona, ma anche loro non scherzano. Sono forti, lo sapevamo. Tacconi si supera in più di una occasione. Finisce il primo tempo sullo 0 – 0. Facciamo qualche commento, ognuno ha la sua ricetta per vincere, ma non sembriamo molto convinti. Un’ombra ci opprime. Entrano le squadre per la seconda parte della gara. Nella Juve non è cambiato nessuno. Passano una decina di minuti, poi un lampo. Boniek parte al galoppo. Sale l’incitamento, che diventa un boato quando i difensori del Liverpool lo stendono nei pressi dell’area. Rigore! “Ma, c’era?” . L’arbitro dice di si. Tira Platini. Proprio sotto la curva degli incidenti. Contrariamente al solito, questa volta lo guardo tirare. Gol! Stiamo vincendo. “Manca molto?”. Adesso il Liverpool non ci sta a perdere e ci comprime nella nostra metà del campo. Il cuore sta facendo gli straordinari. Tacconi para anche lo mosche. E’ quasi finita. Una sostituzione per la Juve. Esce Briaschi, entra Prandelli; ci copriamo, il Trap ha aspettato più del solito a farlo. Manca pochissimo. Un’altra sostituzione. Esce Rossi ed entra Vignola. E’ finita! Abbiamo vinto. Ci abbracciamo. Gino piange, ma non vuole farsi vedere. La curva alla nostra sinistra, dove eravamo prima è una marea bianconera. Aspettiamo la premiazione, vogliamo la coppa più desiderata. Il tempo passa ma non vediamo nulla. Ce la siamo persa? Altri minuti, non si vede nessuno. Ma che fanno? Hanno cambiato il rituale? No, ecco i giocatori che arrivano. Non ci sono tutti. C’è Platini che corre sotto la curva. Foto. Passano Tardelli e Boniek proprio davanti a noi. Altra foto. Questi coi baffi chi è? Favero. Altra foto. Non vedo altri juventini. Ma dov’è la coppa?Non c’è più nessuno in campo, esclusi poliziotti ed addetti. Lo stadio si sta svuotando, per stasera non fanno altro. Decidiamo di uscire. Torniamo al pullmann. Occhio alle maglie rosse. Dopo quello che è successo, non si sa mai. Ci rimettiamo in viaggio. Appena fuori Bruxelles, ci fermiamo in un posto di ristoro. E’ chiuso. “Ma come? Da noi sono sempre aperti o quasi.”. Proseguiamo. Abbiamo fame. Un altro autogrill. Come non detto. Appena vede arrivare i pullmann, qualcuno pensa bene di chiuderlo. Ci teniamo la fame, ci arrangiamo per i bisogni fisiologici e ripartiamo. Viaggiamo tutta la notte e arriviamo al confine svizzero alle prime luci dell’alba. Finalmente, un autogrill aperto. Ci fermiamo e assaltiamo letteralmente il bar. Ci guardano in modo strano. Una cameriera piange. Che succede? Io cerco l’espositore dei quotidiani. Voglio comprare una copia della Gazzetta per conservarla come ricordo. Non la trovo. Ci sono solo giornali in lingua tedesca. Ne compro uno. Ho una conoscenza scolastica del tedesco, ma riconosco il vocabolo che campeggia in prima pagina vicino ad un numero troppo alto per essere vero, ‘Toten’; e le immagini che vedo mi scavano un solco profondo nella mente e nel cuore. Per sempre.…Siamo a casa nel primo pomeriggio. Un conoscente mi offre un passaggio dal terminal degli autobus fino a casa mia. Mi dice che in paese mi davano per disperso. Risultavo capogruppo nell’elenco dei tifosi partiti da qui. Quelli che sono venuti alla partita in aereo sono tornati prima di noi, ed hanno raccontato di aver sentito il mio nome chiamato più volte dallo speaker dello stadio. Mi sembra incredibile, io non ho sentito nulla. Mi dice anche che la mia ragazza ha telefonato al Ministero degli Esteri. Non le hanno saputo dare notizie. Arrivo a casa. Mia madre mi abbraccia e piange. Mio padre non mi dice nulla. Mi guarda e parte per andare al lavoro. Anni dopo mi dirà di non aver provato una paura simile nemmeno ai tempi della guerra. Non ho mai voluto guardare la registrazione di quella serata."

Sergio

La ciccarizza, il circo e tutto il resto



Cummare Teresa. Una donna rimasta senza marito troppo presto. Un marito che per me, ancora bambino, era colui che era ritratto nella foto del quadro affisso nella mia aula, quella delle scuole elementari, sullla parete che stava alle spalle del maestro Mazzè, quello che suonava la fisarmonica, come quella della canzone di Morandi. L'allora presidente della repubblica Leone, quello che c'era prima di Pertini. Una donna rimasta troppo presto da sola con dei figli da crescere, o meglio "d'avanzare", ed una potiha, quella di alimentari, da portare avanti. I figli, nei miei ricordi, mi sembra fossero tre. Una femmina di cui i ricordi, quelli di prima, sono vaghi, il già citato Toniucciu, quello dell'immancabile terza categoria, e Francesco, che ricordo sia per la sua stazza sia perché aveva un cane che come stazza più o meno lo eguagliava. Ma mentre il cane non metteva paura nemmeno nelle rarissime volte in cui abbaiava, lui solo a guardarlo incuteva timore. Il cane si permetteva di uscire da solo per farsi la passeggiata e fare i suoi bisogni. Era sempre mansueto tranne la volta in cui "Frangu Cingumila" gli voleva aizzare il suo di cane, Argo. Perché a suo dire lo avrebbe sistemato. "Si nciu liberu su mangia". (Con il suo marcato dialetto pizzitano. Nel paese si parla un dialetto molto diverso da quelli del circordario. Somiglia di piu' a quello salentino che a quello vibonese). Anche se poi alla fine se non fosse intervenuto Francesco le cose sarebbero finite diversamente, molto diversamente. Ma l'episodio che riguarda la protagonista di questo racconto, avvenne davanti alla sua potiha, quella di alimentari sita in via Fiorentino, nel primo anno in cui il circo arrivò a Sannicola, non quello Orfei. In quell' episodio cummare Teresa dimostrò di che pasta, non quella che vendeva nel suo negozio, quello di alimentari sito in via Fiorentino, fosse fatta e che tempra, non il modello di macchina della FIAT, gli anni gli avessero dato. Il circo stazionava "supa a Micu de Lena" ma i componenti di questo venivano spesso in paese per le loro commissioni e per le loro piccole spese giornaliere. Tra questi c'era un' avvenente signora, dalla bionda chioma, che con la sua macchina si fermava lungo via Fiorentino ogni qual volta doveva entrare in qualche posto, farmacia, comune, ecc. finché non si fermò poco avanti alla potiha de cummare Teresa, quella di alimentari sita in via Fiorentino famosa per il registratore di cassa parlante. A quel punto, dopo innumerevoli fermate, il traffico andò in tilt, come avviene solitamente nelle grandi città nelle ore di punta. Al che cummare Teresa indispettita venne fuori dalla potiha, quella di alimentari.. beh lo sapete gia'... ed intimò alla sconosciuta donna dalla bionda chioma, quella del circo che quell'anno per la prima volta arrivò a Sannicola e che stazionava supa a Micu de Lena: "A mu ti move mu ti nde vai cu sa machina, ca no passa cchiu nujru!!". Ora non so se la signora dalla bionda chioma avesse capito quelle parole dette in dialetto, quello del paese, ma essendo anch'ella una donna che nella sua vita da "nomade" ne aveva viste di tutti i colori, come quelli del costume del clown che faceva parte del circo che quell'anno per la prima volta arrivò a Sannicola e che stazionava supa a Micu de Lena, si sentì in obbligo di rispondere a tono: "Se vengo lì la prendo a schiaffi!!". Ma cummare Teresa per nulla intimorita, non come noi quando vedevamo arrivare il figlio Francesco, controbatté all'istante, a suo modo e con atteggiamento irrisorio disse: "Ancora no venisti!!". La donna rimase attonita, come la terra al nunzio sta, quella dell' ode del Manzoni, e non poté far altro che mettersi la coda tra le gambe, come gli animali del suo circo che come detto quell'anno per la prima volta arrivò a Sannicola e che stazionava supa a Micu de Lena, salire in macchina e dar fine a quell'ingorgo che aveva stizzito cummare Teresa, come quella volta che... A dire il vero non conosco altre situazioni come questa o per lo meno non ne sono stato testimone, come quelli chiamati alla sbarra in tribunale, come si vede ad un giorno in pretura, come potremmo andare avanti all'infinito, come quello di Leopardi, non quelli del circo, anche perché il circo che quell'anno per la prima volta arrivo' a Sannicola e che stazionava supa a Micu de Lena, di leopardi non credo proprio ne avesse. Ma alla ciccarizza di tutto questo resto non importavana nulla. A lei importava solo del resto da restituire ai propri clienti, quelli della sua potiha di alimentari sita in via Fiorentino famosa per il registratore di cassa parlante.

Un mondo favoloso?!?




In questi giorni gli eventi, ma più che altro il loro preannuncio, spingeranno molti bambini e ragazzi a chiedersi cosa a sua volta spinge una vecchia, brutta, con le scarpe tutte rotte a girare di notte casa per casa a lasciare regali. Per di più in notti molto fredde. Molti si chiederanno, anche, come fa una povera vecchia, descritta come una stracciona, ad avere la possibilità di consegnare regali e regali, alcuni dei quali anche molto costosi. Altri, anziché regali, riceveranno dolciumi, ironia della sorte, dentro a delle calze. Che se tanto mi dà tanto, una che va in giro con le scarpe tutte rotte in che condizioni potrà avere le calze? Per questo alcuni hanno iniziato a non lamentarsi più di aver ricevuto solo carbone accontentandosi di qualsiasi cosa piuttosto che mettere mano su quella razza di feticcio. Oggi molti giustificano l'esistenza della befana considerandola come la concorrente in gonnella di babbo natale. Considerandola, anche, come una paladina del gentil sesso che avvicina le donne agli uomini anche da questo punto di vista. Se non altro babbo natale viene descritto, intanto, come un uomo paffutello, quindi di buona forchetta. Con un bel vestito rosso ed una barba bianca e folta ed anche curata. Ma soprattutto come un uomo che può permettersi una mega slitta, trainata da innumerevoli renne, capaci di farlo spostare da una latitudine all'altra della terra. Senza timore di trovarsi a piedi nudi sopra la neve. Come qualcun'altra. Del resto il fatto che venga da un paese con un clima molto rigido, ed essendo arrivato ad una veneranda età, dimostra ancor di più che poi tanto male non se la passa e quindi può permettersi di fare, appunto, il babbo natale della situazione. L'unico problema per babbo natale è quello che in molte case non esiste più il caminetto, anche se a dire il vero non è che si sia mai saputo come la befana faccia ad entrare nelle case. Forse la nonnina di prima professione fa il topo d'appartamento. Il problema principale, che colpisce, in questo caso gli adulti, è quello di fare bene attenzione a non dire che questi personaggi non esistono e che sono solo frutto dell'immaginazione o delle vecchie storie, tramandatesi, forse, originandosi da vecchie credenze popolari. Perché si rischia grosso, come addirittura perdere il proprio posto di lavoro. Fatto successo ad un insegnante inglese che è stata licenziata per aver cercato di far credere, ai propri alunni, che babbo natale non esistesse.

 

 

Le favole favolose sono sempre esistite, da che il mondo è immondo. Pensate a come siamo dovuti crescere, sentendoci raccontare una favolosa favola, in cui una brava bambina che andava a portare il cestino, chissà poi pieno di cosa, alla nonna, si imbatte in un brutto lupo cattivo che vuole mangiarsela, e ci riesce pure, raddoppiando la razione, facendo di un sol boccone pure della nonna, del resto lo sanno pure i lupi che gallina vecchia fa buon brodo. Per fortuna che poi arrivò il cacciatore che, tagliando la pancia al lupo, riuscì a trarre in salvo le due malcapitate. Chissà come e perché ancora vive all'interno della pancia del brutto lupo cattivo, al quale andava fatta un’autopsia per capire se la vera causa fosse l'indigeribilità' della famiglia di cappuccetto rosso. E che dire di una bravissima ragazza così casta e pura che veniva chiamata Biancaneve, che faceva da colf a sette nani? Chissà mai il perché? Forse anche lei aveva sentito raccontare quell'altra favola in cui si dice, senza offesa per nessuno, che quelli bassi sono lunghi lì? In questa favolosa favola una strega cattiva la volle avvelenare. Perché invidiosa della sua bellezza, oppure perché invidiosa del fatto che Biancaneve avesse sette nani, solo in altezza, tutti per sé? Ma anche qui succede l'inverosimile, allorché arrivò il principe azzurro che dandole un bacio la fece ritornare in vita. E chissà mai, ancora, il perché questi a quel punto non ritornò più con i sette nani ma rimase con il suo nuovo principe. Non e' che questi non fosse altro che John Holmes? Di favole favolose ce ne sarebbero a decine. Vogliamo parlare della favola favolosa di Pinocchio? Geppetto falegname intaglia un pezzo di legno e questo per miracolo assume sembianze umane diventando Pinocchio. Ma questo bambino fu costretto a subirne di tutti i colori da una fatina che gli fece crescere le orecchie come un asino. Fu costretto a subirsi le paternali dal grillo, come i governi e molti altri, oggi, subiscono quelle dell'altro Grillo… Beppe. Anche qui, come in cappuccetto rosso, un animale li divora, una balena, anzi divora il babbo che addirittura ci abita all'interno. Con quel che si paga di affitto, avrà pensato, questa sì che è una favola vera!!! Anche per questa favola la spiegazione più plausibile è quella sessuale. Una fatina pedofila che fa crescere il... naso a Pinocchio, non prima, però, di averlo irrigidito, trasformandolo in legno. Le favole favolose sono queste. Lupi, orchi, streghe cattive. Da qui ognuno comincia a porsi le fatidiche domande: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Ma si ha la prima risposta definitiva, almeno una, quella che non siamo in un mondo favoloso, ma in un mondo di favole, di merda, sia le favole che il mondo.

 
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