Come detto altre volte quella era la nostra macchina. Alla
sera ci rimanevamo dentro ad ascoltare le cassette. Per il calcio andavamo agli
allenamenti e alle partite. Era la macchina della propaganda elettorale. Ci si
metteva sopra un megafono e si andava in giro per annunciare i comizi o per
attaccare i manifesti. È stata la macchina delle iniziazioni musicali. Bruce
Springsteen con Tunnel of Love, Guccini già lo ascoltavo ma in quegli anni uscì
Signora Bovary, un capolavoro che ancora oggi ascolto. A dire il vero in
macchina c'era pure Bob Dylan ma a me non è mai piaciuto. Già quelle canzoni,
in inglese, non le capivo e in più musicalmente non erano del genere che
apprezzavo. Almeno di Guccini capivo le canzoni. Tutto proprio no, ma le trame
erano ben sceneggiate. Un giorno Vittorio comprò l’ultimo album di Vasco Rossi,
Liberi Liberi. Quel giorno disse: “Ho appena comprato questa cassetta di Vasco
Rossi”, era ancora incellofanata, “Adesso ce l'ascoltiamo. Voglio vedere come
si sente”. O sentire come si vede? Boh. “È originale. È costata parecchio”. Le
cassette erano tutte originali ma lo stereo e le casse della 127 non lo erano
di certo se non per quanto potessero essere vecchie. Era l'89 e ormai il
capitano aveva preso il posto fisso sul lato passeggero di fianco a Vittorio.
Noi da quattro passammo a tre sul posteriore. Vittorio infilò il nastro e
iniziò a regolare il volume. Non so se ricordate dove aveva le casse la 127.
Erano sugli sportelli laterali nella parte posteriore. Dalla parte di Vittorio
il sedile era tutto in avanti. Dal lato passeggero più indietro. C'era comunque
lo spazio per infilarci una mano. Uno da un lato e uno dall'altro mettemmo i
fazzoletti per coprire le casse e Vittorio imprecava: “Non si sente per niente
bene!! Ed è costata tutti quei soldi. Sono rimasto deluso dell’acquisto”.
Allora provava ad alzare il volume al massimo e noi via i fazzoletti. Un
frastuono. E lui
abbassava di colpo e noi rimettevamo i fazzoletti. Alla fine
quella cassetta non l'ascoltò più quando c'eravamo noi. Non so se poi quando
passò alla Ritmo, sempre rossa, l'abbia ascoltata. La 127 rossa rimase per un
po’ al servizio del circolo, come quando bisognava portare la calce per
delineare il campo da gioco. Oppure quando portammo le sedie di ferro battuto
sul campo sportivo, create da Pupo su sua ordinazione insieme ad una cassaforte
tutta in ferro. Quelle sedie pesavano più di una persona. Non si ruppero mai,
anche perché sopra non ci sedeva mai nessun’altro oltre lui. Penso che dopo 35
anni siano ancora al campo sportivo. L'unica volta che usammo la Ritmo rossa fu
nella triste occasione del giorno del funerale del fratello di Vittorio. C’era
una partita da disputare e Vittorio per nessun motivo al mondo voleva farla
annullare. La Crissense, anche negli anni peggiori, è stata sempre ben
considerata in tutti i posti dove andavamo a giocare. Una volta a Locri c'erano
gli striscioni di bentornato a dei giocatori che tornavano apposta per
disputare quella partita. A Siderno invece per “rispetto”, fino a fine primo
tempo, eravamo ancora sullo 0 0, quando uno dei migliori dei nostri tirò fuori
una punizione gioiello. Beh, poi in un tempo ce ne fecero 8. Vittorio lavorava
a Serra e ce l'aveva su con un suo collega, perché a suo dire quando giocavano
contro di noi non mancava mai nessuno e ci mettevano l'anima. Per quella
partita, nonostante il suo stato d’animo, si preoccupò che fossimo almeno in 11
e a chi guidava la Ritmo disse: “Non preoccuparti la mia macchina a Serra ci
arriva da sola. Arrivammo a 11 tra i ragazzi, qualcuno che non aveva mai
giocato, e il presidente. L'arbitro convocò tutti per dirci che conosceva il
valore delle due squadre, la rivalità, e si raccomandò il massimo rispetto nei
suoi confronti e dell’avversario. Anche in quel giorno non mancò qualche risata
per quel fatto e per tutti gli svarioni e lisci da “Mai dire gol”. Fatto sta
che la partita finì 2a1 se all'ultimo minuto Nazza non avesse parato con il
fondoschiena il tiro a colpo sicuro del presidente. Quella fu la prima e
l’ultima partita, in campionato, per il presidente.
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