Sono passati molti
anni da quella serata maledetta. Anche se troppo pochi per poter
dimenticare. Troppo giovane per capire quello che stava succedendo.
Anche se il perché, di tutto quello che e' successo, nessuno potrà
mai capirlo. Troppa attesa per poter festeggiare, festeggiare una
coppa campioni, la prima. Coppa pagata a caro prezzo, senza colpe.
Prezzo pagato con la vita, da 39 tifosi. Tifosi di ogni età, di
ogni parte d'Italia e anche dall'estero. Prezzo pagato con l'esistenza
stravolta, dai familiari delle vittime. Oggi a tutto questo tempo
di distanza mi chiedo se e' possibile perdere la vita in quel modo
e soprattutto se e' ammissibile togliere la vita a qualcuno per
una partita di calcio. E chissà se, invece di 39 persone morte,
quella sera, ne fossero nate altrettante a quest' ora avrebbero
raggiunto quella maturità che dovrebbe portare qualsiasi persona
a capire che non e' accettabile morire in quel modo per qualsiasi
altra cosa al mondo. Voglio ricordare quella serata e soprattutto
le vittime, con il racconto di chi, quella sera, era presente, e
l'ha vissuta in prima persona. Il racconto e' tratto da www.juventus1897.it
e che pubblico grazie al permesso dell'autore(chub062@hotmail.com).
" E’ quasi mezzogiorno
quando arriviamo a Bruxelles. Il viaggio è stato interminabile,
soprattutto per me che non riesco a dormire in pullmann. Lungo il
percorso ogni tanto abbiamo superato altre carovane di tifosi juventini,
con i quali ci siamo salutati chiassosamente, ma avvicinandoci alla
città il numero di pullmann bianconeri è aumentato in maniera esponenziale:
siamo una marea e questo, anche se si tratta solo di una illusione,
ci fa ben sperare per l’esito della partita.Il parcheggio che ci
hanno riservato è grandissimo ed è stracolmo di tifosi. Cerco qualche
faccia conosciuta, ma so che è inutile. Solo io, Gino e Fabio siamo
arrivati qui per strada; gli altri tifosi della mia cittadina stanno
arrivando in aereo, beati loro che possono. Cerchiamo le indicazioni
per lo stadio. Non ce ne sono oppure non le vediamo, seguiamo la
corrente bianconera, qualcuno là davanti saprà dov’è. Una breve
pausa per una foto davanti all’Atomium: l’ho visto mille volte sui
libri di geografia e vederlo dal vero mi fa un certo effetto. Finalmente
arriviamo nei pressi dello stadio: esternamente non ci sembra granché,
spero che sia meglio all’interno. Sui prati attorno allo stadio
ci sono tantissimi gruppetti di tifosi: c’è chi mangia, chi dorme,
chi legge la Gazzetta e avvicinandoci sentiamo i discorsi concitati
di mille allenatori; ognuno ha la sua formazione e la sua tattica
di gara, ci accomuna solo la speranza che non si ripeta la beffa
di Atene.Io, apprensivo come al solito, voglio individuare l’ingresso
del nostro settore per non essere impreparato quando apriranno i
cancelli; Gino e Fabio mi prendono in giro ma si uniscono a me nella
ricerca. Ci avviciniamo al perimetro dello stadio e cominciamo a
percorrerlo. Nei pressi di quella che dovrebbe essere la tribuna
centrale ci sono delle transenne. Qui non si passa. Facciamo un
giro più ampio e arriviamo in corrispondenza di una delle curve.
Sarà la nostra? Assorti nella ricerca, non ci siamo accorti che
il colore dei prati circostanti è gradualmente mutato: da verde,
bianco e nero è diventato verde e rosso. Qui ci sono i tifosi del
Liverpool. Nella illusoria speranza che la mia maglia bianconera
e quella di Fabio non risultino così evidenti (come se quella blu
da trasferta di Gino con il logo Ariston, lo scudetto e le stelle
sembrasse una normale polo…) proseguiamo nel nostro cammino. Non
posso fare a meno di sbirciare i volti dei tifosi inglesi, nel timore
di una espressione di minaccia e nella speranza di un sorriso di
complicità.Un ragazzo si stacca da un gruppetto numeroso e si avvicina.
Sorride timoroso, indica la mia maglia e mi parla. Accidenti, come
è diversa la sua parlata dall’inglese della prof.; comprendo la
metà delle sue parole, ma capisco che vuole cambiare la mia maglia
con la sua. Perché no? Magari ci speravo in una cosa del genere
e forse sarà per questo che, oltre alla maglia ufficiale, mi sono
portato una maglia replica acquistata su una bancarella davanti
al Comunale prima della partita con il Bordeaux. Facciamo lo scambio.
E’ bella la loro maglia, di un rosso che comunica passione; chissà
quand’è che la Juve deciderà di adottare le maglie fatte con questo
tessuto lucido. Ci diamo la mano e ci salutiamo. Io gli dico: “Good
luck”, ma non lo penso veramente, non per stasera almeno. Proseguiamo
nella nostra ricerca, arriviamo quasi alla fine della curva prima
del settore dei distinti; qui c’è un po’ di movimento. Non capiamo
o forse capiamo ma non ci sembra possibile. Ci sono dei tifosi a
cavalcioni del muro di cinta che in questo punto mi sembra più basso
che altrove e con il filo spinato rotto; altri tifosi stanno passando
loro dei contenitori, sembrano casse di birra. Forse stanno portando
dentro degli striscioni, ma qualcosa ci dice che la prima impressione
è quella giusta. Questi sembrano meno amichevoli di quelli che abbiamo
incontrato prima e allora decidiamo di non indugiare troppo e ci
affrettiamo ad allontanarci. Passato il settore dei distinti, l’ambiente
torna a tingersi del rassicurante colore bianconero e vediamo anche
un cancello con sopra un cartello che recita “Juventus”; non ci
è dato di sapere se è l’ingresso del nostro settore, ma una valutazione
della piantina dello stadio disegnata dietro al biglietto di ingresso
ci spinge a pensare che sia così. Chiedo a tutti quelli che incontro
se è questo il settore ‘N’ e puntuale arriva la presa in giro di
Gino e Fabio. Siamo arrivati e anche se è un po’ presto, decidiamo
di fermarci qui. Anni di partite al Comunale ci hanno insegnato
che se non sei davanti ai cancelli quando aprono, ti rimangono i
posti peggiori.Il pomeriggio avanza, fa caldo (perché quando compri
la maglia ufficiale ti mandano sempre quella a maniche lunghe invernale?),
il numero di tifosi aumenta e tutti si accalcano. Già da tempo abbiamo
rinunciato a stare seduti e, per giunta, nel gruppo si è infilato
anche un poliziotto a cavallo ed io, con la mia solita fortuna,
sono faccia a faccia con il quadrupede. Spero che sia stato addestrato
bene. Sorrido al poliziotto, nella speranza che capisca che qui
non ci sono teppisti, ma lui non si smuove. “Vabbè, l’importante
è che tu tenga buono Furia” penso io. Cresce l’eccitazione. La batteria
dell’orologio mi ha abbandonato, ma penso che ormai ci siamo. Ora
aprono. E’ come una scossa. Cominciano i cori “Juve, Juve” prima
ancora di entrare. Siamo dentro. Ci sistemiamo in una posizione
decente, vicino ai distinti e cominciamo a studiare quello che sarà
il teatro della partita. Il prato è uno splendore. Qui il verde
sembra – se possibile – più verde, che meraviglia. Però il resto
non è granché: lo stadio non ci sembra molto grande; sicuramente
è molto vecchio e comunque tenuto male. Addirittura i gradini larghi
e bassi sono in più parti sbriciolati. Penso che sia quasi meglio
il Comunale, che ho tante volte denigrato. Ricomincio a fare il
solito giochetto delle “forze” sugli spalti, come se il numero dei
tifosi fosse decisivo. Guardo verso al curva opposta alla nostra,
dove ci sono i nostri “nemici”, ma non è tutta rossa: nella parte
verso le tribune ci sono degli juventini. Chissà, forse siamo talmente
in tanti che ci hanno riservato anche quel settore. Intanto lo stadio
si riempie. Per ingannare l’attesa si parla, si legge un quotidiano
faticosamente mendicato al vicino; ogni tanto qualcuno parte con
un coro e allora tiriamo su sciarpe e bandiere e cantiamo per darci
coraggio e sperando di darne ai giocatori. C’è uno dietro di me
che ha uno striscione con scritto “Mamma sono qui”. Questa mi mancava.L’eccitazione
aumenta sempre più. Non riesco più a calmarmi, se continuo di questo
passo esaurirò le unghie prima dell’inizio della partita. Un boato.
Sono entrate delle persone con la tuta della Juve sul campo. Da
qui non riconosco i volti, potrebbe essere il massaggiatore, ma
potrebbe essere anche Platini. Quanto manca? Sono quasi le sette.
Manca ancora parecchio ed i minuti sembrano espandersi nell’attesa.
Mi metto tranquillo. Ma dura poco.Un brivido percorre la curva,
forse stanno entrando i giocatori a vedere il terreno di gioco.
No, sta succedendo qualcosa sulla curva opposta. Cerco di capire.
Dai due settori riservati ai tifosi del Liverpool stanno lanciando
degli oggetti verso il settore degli juventini, sembrano bottiglie,
forse sassi, non vedo bene. La parte della curva bianconera fischia,
anche noi fischiamo. Ma proprio stasera dovevano fare casino? Fra
le due tifoserie compatte si è aperta una frattura. Poi, come comandati
da un unico impulso, i tifosi del Liverpool cominciano a muoversi
in direzione di quelli della Juve. “Ci saranno le reti” mi dico,
“Arriverà la polizia” spero, “Si fermeranno” prego. Si fermano.
Ma è un attimo. Come una molla gli inglesi si ritraggono e poi ripartono,
ma questa volta non si fermano, continuano ad avanzare. La massa
dei tifosi bianconeri si sposta verso le tribune, forse stanno uscendo.
Da qui vedo che molti si riversano sul campo di gioco. Forse gli
addetti hanno aperto i cancelli e per evitare problemi li fanno
entrare sulla pista. Il settore è quasi vuoto. E quelli del Liverpool
si sono fermati; lentamente ritornano verso i loro settori e cantano.
Cerchiamo di capire, ma da qui è difficile. L’altoparlante dello
stadio non da comunicazioni. Speriamo che non rimandino la partita.
Sarebbe il colmo essere venuti fin qua per non vederla. Passano
i minuti. Il settore degli juventini rimane vuoto, i suoi occupanti
sono tutti in campo. Mi sembra di sentire delle sirene. Stanno arrivando
i rinforzi per la polizia, oppure sono ambulanze, forse qualcuno
si è fatto male. Intanto il tempo trascorre, adesso troppo in fretta.
Ma insomma, cosa fanno, perché non dicono nulla? L’altoparlante
dello stadio comincia a emettere suoni, ma la confusione è tanta
e i messaggi arrivano frammentati. Riusciamo a capire che i capitani
delle squadre leggeranno un comunicato. Si sente una voce timida,
è Scirea ci dicono: “La partita verrà giocata per consentire alle
forze dell’ordine di organizzare l’evacuazione del terreno. State
calmi. Non rispondete alle provocazioni. Giochiamo per voi” . Poi
un’altra comunicazione, questa volta in inglese. Questi è Neal,
il capitano del Liverpool. Non riusciamo a capire. Ma la partita
è valida?Intanto il campo è sempre pieno di persone, a cui si vanno
aggiungendo squadre di poliziotti o soldati che si dispongono attorno
al perimetro del terreno. Se possibile, il trambusto aumenta quando
entrano in campo alcuni calciatori della Juve circondati da un gruppo
sempre più folto di persone. Arrivano quasi sotto la nostra curva.
Nella calca mi sembra di riconoscere Cabrini, ma non ne sono certo.
E’ tardi, l’orario di inizio è trascorso. Scirea ha detto: “Giochiamo
per voi”, spero che non ci abbiano ripensato. Impercettibilmente
il campo si svuota, tutte le persone che c’erano prima sono scomparse.
Forse i tifosi della Juve scesi sul terreno di gioco sono stati
smistati in altri settori dello stadio. Abbiamo notato che molti
spettatori dei distinti alla nostra destra sono andati via. Forse
si sono impauriti per il trambusto. Vediamo un varco nella rete
divisoria fra i settori e molti tifosi della curva ci passano attraverso
per spostarsi nei distinti. Lo facciamo anche noi, vogliamo vedere
un po’ meglio. Non c’è nessuno ad impedicerlo.Sono già passate le
nove, quando inizia la partita. I minuti prima lentissimi adesso
passano troppo velocemente. Le squadre giocano abbastanza bene,
sembra tutto normale. Voglio pensare che sia tutto normale. Noi
facciamo qualche azione buona, ma anche loro non scherzano. Sono
forti, lo sapevamo. Tacconi si supera in più di una occasione. Finisce
il primo tempo sullo 0 – 0. Facciamo qualche commento, ognuno ha
la sua ricetta per vincere, ma non sembriamo molto convinti. Un’ombra
ci opprime. Entrano le squadre per la seconda parte della gara.
Nella Juve non è cambiato nessuno. Passano una decina di minuti,
poi un lampo. Boniek parte al galoppo. Sale l’incitamento, che diventa
un boato quando i difensori del Liverpool lo stendono nei pressi
dell’area. Rigore! “Ma, c’era?” . L’arbitro dice di si. Tira Platini.
Proprio sotto la curva degli incidenti. Contrariamente al solito,
questa volta lo guardo tirare. Gol! Stiamo vincendo. “Manca molto?”.
Adesso il Liverpool non ci sta a perdere e ci comprime nella nostra
metà del campo. Il cuore sta facendo gli straordinari. Tacconi para
anche lo mosche. E’ quasi finita. Una sostituzione per la Juve.
Esce Briaschi, entra Prandelli; ci copriamo, il Trap ha aspettato
più del solito a farlo. Manca pochissimo. Un’altra sostituzione.
Esce Rossi ed entra Vignola. E’ finita! Abbiamo vinto. Ci abbracciamo.
Gino piange, ma non vuole farsi vedere. La curva alla nostra sinistra,
dove eravamo prima è una marea bianconera. Aspettiamo la premiazione,
vogliamo la coppa più desiderata. Il tempo passa ma non vediamo
nulla. Ce la siamo persa? Altri minuti, non si vede nessuno. Ma
che fanno? Hanno cambiato il rituale? No, ecco i giocatori che arrivano.
Non ci sono tutti. C’è Platini che corre sotto la curva. Foto. Passano
Tardelli e Boniek proprio davanti a noi. Altra foto. Questi coi
baffi chi è? Favero. Altra foto. Non vedo altri juventini. Ma dov’è
la coppa?Non c’è più nessuno in campo, esclusi poliziotti ed addetti.
Lo stadio si sta svuotando, per stasera non fanno altro. Decidiamo
di uscire. Torniamo al pullmann. Occhio alle maglie rosse. Dopo
quello che è successo, non si sa mai. Ci rimettiamo in viaggio.
Appena fuori Bruxelles, ci fermiamo in un posto di ristoro. E’ chiuso.
“Ma come? Da noi sono sempre aperti o quasi.”. Proseguiamo. Abbiamo
fame. Un altro autogrill. Come non detto. Appena vede arrivare i
pullmann, qualcuno pensa bene di chiuderlo. Ci teniamo la fame,
ci arrangiamo per i bisogni fisiologici e ripartiamo. Viaggiamo
tutta la notte e arriviamo al confine svizzero alle prime luci dell’alba.
Finalmente, un autogrill aperto. Ci fermiamo e assaltiamo letteralmente
il bar. Ci guardano in modo strano. Una cameriera piange. Che succede?
Io cerco l’espositore dei quotidiani. Voglio comprare una copia
della Gazzetta per conservarla come ricordo. Non la trovo. Ci sono
solo giornali in lingua tedesca. Ne compro uno. Ho una conoscenza
scolastica del tedesco, ma riconosco il vocabolo che campeggia in
prima pagina vicino ad un numero troppo alto per essere vero, ‘Toten’;
e le immagini che vedo mi scavano un solco profondo nella mente
e nel cuore. Per sempre.…Siamo a casa nel primo pomeriggio. Un conoscente
mi offre un passaggio dal terminal degli autobus fino a casa mia.
Mi dice che in paese mi davano per disperso. Risultavo capogruppo
nell’elenco dei tifosi partiti da qui. Quelli che sono venuti alla
partita in aereo sono tornati prima di noi, ed hanno raccontato
di aver sentito il mio nome chiamato più volte dallo speaker dello
stadio. Mi sembra incredibile, io non ho sentito nulla. Mi dice
anche che la mia ragazza ha telefonato al Ministero degli Esteri.
Non le hanno saputo dare notizie. Arrivo a casa. Mia madre mi abbraccia
e piange. Mio padre non mi dice nulla. Mi guarda e parte per andare
al lavoro. Anni dopo mi dirà di non aver provato una paura simile
nemmeno ai tempi della guerra. Non ho mai voluto guardare la registrazione
di quella serata."
Sergio
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