24 marzo 2013
"Cerasole" o "ciarasole"?
Qual'e' la pronuncia
corretta per chiamare i "peperoni" in dialetto?
Io sono sempre stato convinto che si dicesse "cerasole", e continuerò
a chiamarli così. Durante, l'annuale, cena conviviale offerta dal
comune, alcuni, hanno corretto il mio modo di chiamare i peperoni.
Allora al volo ho fatto un mini sondaggio in piazza e mi sono accorto
che la maggior parte delle persone diceva "ciarasole", però, allo
stesso tempo, una persona su 3 o 4 li chiamava "cerasole", come
me. Allora ho chiesto al maestro Mazzè, persona informata sui fatti,
che mi ha assicurato che la pronuncia corretta fosse "ciarasole".
E voi come li chiamate? Provate a fare pure voi un mini sondaggio
e vi accorgerete del diverso modo di chiamare la stessa cosa. Al
di la del nome, sono buonissimi, tant' e' che la celeberrima canzone
di Valeria Rossi, Tre parole, nasce appunto da li "cerasole". Solo
tre parole: "patati e cerasole".
L'immancabile "terza categoria"
Nel
mio passato il periodo di fine estate coincideva con l'inizio della preparazione
atletica per affrontare l’imminente campionato di terza categoria con le
maglie dell’ARCI UISP Crissense. Preparazione che veniva annunciata,
presentata e programmata con l'immancabile incontro presso la sede del
circolo ARCI, tra tutti i componenti del "gruppo", dal presidente,
all'allenatore, ai sostenitori e naturalmente ai calciatori. I più
giovani di questi ultimi, reclutati dal talent scout Toniuccio,
che quando serviva qualche giovane cliente presso il negozio di sua
madre, immancabilmente gli chiedeva: "Quanti anni hai? Vuoi essere
cartellinato con l'ARCI?". Così come immancabilmente negli ultimi anni
l'allenatore sarebbe stato "Lu zzu Gore" (Lo zio Gregorio). Il quale
altrettanto immancabilmente, durante l'incontro di "programmazione”,
tesseva le lodi di "Raffelinu Gallorinu", come da lui chiamato,
presentandolo come il giovane più promettente ed una futura realtà per
la nostra squadra. A dire la verità Raffaele ha sempre avuto del talento
evidenziato dal fatto che fosse mancino, anche se da lì in poi non fece
mancare esilaranti accadimenti. L'immancabile preparazione aveva inizio
con sedute atletiche, nella zona "Camunni" (Pineta vicina al paese) o
presso il campo sportivo, non uno di preciso tra Sannicola, Vallelonga,
Filogaso, Capistrano. Quando c’era brutto tempo si sceglieva Filogaso in
quanto secondo Vittorio a Filogaso era sempre primavera. Vittorio era
il factotum della squadra: Presidente del circolo, magazziniere,
finanziatore, giocatore, preparatore atletico, allenatore in campo,
autista, segnalinee, inteso come tracciatore, e chi più ne ha più ne
metta. Durante gli allenamenti Vittorio ci esortava a fare le
respirazioni rivolgendoci con il viso dalla parte in cui, secondo lui,
arrivava l'ossigeno: "De jra vene"(Da lì viene), solitamente, quando
eravamo allu Critaru (Toponimo), verso Coppari (Vulcano spento). Agli
allenamenti immancabilmente c'erano i concerti flatulenti alle spalle di
Pileggione (Il capitano), il quale non poteva fare esercizi ginnici a
terra perché, a suo dire, avrebbe sporcato la tuta e sua madre non
gliela avrebbe lavata. Tute che nell'anno in cui ci vennero regalate dal
nuovo "sponzorro” (Sponsor) come lo chiamava Nicola T., Rauti di
Chiaravalle, andavano bene, vista la taglia, solo a Vittorio ed a
Raffaele Famoso. Da notare che Rauti era quello di Alleanza Nazionale
mentre il circolo ARCI era notoriamente un circolo di comunisti. Se le
tute erano piccole, la divisa del portiere era così bella che Nicola T.
si ripromise che la sera sarebbe uscito, con la maglia indosso, in
piazza con la moglie a passeggio. Con l'inizio del campionato si
svolgevano settimanalmente due allenamenti, a cui era indispensabile
partecipare pena l’esclusione dai convocati visto che la formazione era
sempre la stessa sia che giocavamo contro la prima sia che giocavamo
contro l’ultima. Il sottoscritto poche volte faceva parte della lista
dei convocati, visto che era quello che scriveva i manifesti per
L’ALLANAMENTO e molto spesso pubblicava la lista dei convocati,
precedendo Lu zu Gore, forse perché avevo avuto qualche soffiata,
difatti dalla lista non potevano mancare Natale Lino o Natalino (!?!),
nessuno ha mai ben capito quale fosse il vero nome, Andreotti, non il
ministro e i due Mari, che poi diventarono tre. Questi erano gli
stranieri della squadra. Se non altro il sottoscritto prese parte alla
lista dei convocati quando si dovette andare a giocare a Fabrizia, una
partita di recupero, da giocare il mercoledì alle 14:30, dopo che la
gara era stata rinviata per neve. Quel giorno i giovani reclutati da
Toniuccio, tornammo prima da Vibo, quindi dalle scuole, per arrivare per
tempo a Fabrizia. I convocati eravamo 16 così quanti ne potevano
entrare in distinta e quindi anche poter entrare nel recinto del campo
sportivo. Se non che Lu zzu Gore ancora alterato per le mie
"anticipazioni" e perché gli avevo detto che non lo avrei votato alle
elezioni comunali. Consegnava all'arbitro una distinta di soli 15
giocatori e il sottoscritto si dovette godere la partita all'infuori del
recinto che delimitava il campo sportivo. Fu così che di mercoledì ed
in un paese lontano avevamo almeno un sostenitore. Però oltre il
sottoscritto nemmeno il suo "pallino" gli fece mancare momenti di gioia.
Uno dei tanti quando andammo a giocare a Melicuccà. Una partita
equilibrata così come il risultato, 0 a 0 fino ad un quarto d'ora dalla
fine, quando successe l'irreparabile. Non si sa come, l'arbitro ci
assegnò un rigore, e li successe un putiferio, l'arbitro venne
selvaggiamente picchiato da persone entrate in campo dall'esterno. Noi
non potemmo fare altro che metterci in disparte, avete presente la zona?
ed aspettare che il tutto finisse, così come fece l'arbitro, che, una
volta finita l'aggressione, si ritirò negli spogliatoi per redigere un
referto, ma volle comunque continuare la partita pro forma. Allora
rimase il rigore da battere e la decisione su chi farlo tirare spettava
all'allenatore. E chi meglio di Raffelino Gallorino? “Rafele tiralu tu!”
-"Bene!" Raffaele con il suo mancino spiazzò il portiere ma la palla
malauguratamente finì sul palo e tornò fuori area, la partita finì 0 a 0
e tutti noi a dire: "Tutte quelle mazzate all'arbitro per un rigore
sbagliato?". Chissà cosa potesse pensarne il povero malcapitato. Le
partite continuarono così come i campionati. E venne un periodo in cui
l'allenatore non fu immancabilmente lu zzu Gore ma Vittorio. Adesso
faceva anche quello. Forse perché lu zzu Gore rimase scottato dalle
mazzate che immancabilmente prendemmo in seconda categoria, a tal punto
da abbandonare la carica. Si perché per un anno l'immancabile terza
categoria mancò, perché fu seconda categoria. Un regalo da parte della
federazione perché immancabilmente Vittorio iscriveva la squadra alla
terza categoria. Una partita indimenticabile, anche per la pioggia a
catinelle, fu quella contro Pizzoni, al campo sportivo di Capistrano. In
quella partita ero titolare. Non c’era più l’altro allenatore.
Addirittura segnai il gol del 3 a 0 finale. Partita in cui Bruno G.,
vista la pioggia, voleva giocare con un cappuccio in testa, con Vittorio
che lo esortava a non farlo in quanto sarebbe stato "Cchiù dannoso"(Più
dannoso). Il cappuccio della felpa, durante il riscaldamento lo mise
anche Nicola T., facendolo esaltare a tal punto da farlo sembrare, a suo
dire, "Rocki Barbera". La partita cominciò sotto una tempesta mai vista
e Vittorio faceva l'allenatore e contemporaneamente il giocatore.
Nonostante le "mazzate" e la pioggia a lu zzu Gore il calcio faceva
sangue e quel giorno venne a vedere la partita rimanendosene
all'asciutto ed al calduccio della sua macchina. La pioggia nel secondo
tempo cessò ma rimase qualche pozzanghera qua e là, il campo di
Capistrano è sempre stato uno dei migliori come drenaggio. Ma il destino
come si sa, si ripete. E anche in quell’ occasione ci venne assegnato
un rigore. Fortunatamente l'arbitro non venne picchiato. Ma cosa
successe? Lu zzu Gore scese dalla macchina in preda all'istinto di
salvaguardare il proprio pupillo ed esclamò a gran voce: "Oh Vittorio fa
mu lu tira Rafele!!!!!!!". Al che Vittorio non seppe dire di no e
Raffaele si apprestò a tirare il rigore. Rigore che immancabilmente fu
tirato di sinistro ed immancabilmente il portiere venne spiazzato. Ma
anche, ahinoi, immancabilmente il rigore venne sbagliato. Ma stavolta
non fu il palo a fermare Raffelino Gallorino, ma, visto che il tiro era
rasoterra, una pozzanghera, ad un metro dalla porta, dove il pallone
rimase arenato. Vittorio partì con la sua collera contro Raffaele il
quale secondo lui non avrebbe dovuto presentarsi sul dischetto con un
campo in quelle condizioni, perché troppo "leggerinu" e che non avrebbe
dovuto tirare rasoterra, eppure ce lo aveva mandato lui sotto l'egida
dell'ex allenatore. Fortunatamente a conclusione di ogni campionato,
negli ultimi anni, ci fu anche l'immancabile cena del rompete le righe, e
anche lì avvenivano le immancabili cose turche, ma queste forse le
racconteremo un’altra volta insieme a tutti gli altri aneddoti
dell'immancabile terza categoria.
La conversione di Vittoriejro?
Dopo il pellegrinaggio
"alla Grazzia" a Torre di Ruggiero, documentata su questo sito.
Vittoriejro vuole dare prova tangibile del suo rinnovamento spirituale,
l'occasione ghiotta e' la festa degli emigrati 2006, da lui, come
sempre, organizzata, massima espressione del suo IO (SUO ? ). Nella
tradizionale riffa, organizzata per raccogliere fondi indispensabili
per la riuscita della festa, per 2° premio viene messa una statua
di Padre Pio(vedi foto) che secondo indiscrezioni Vittorio avrebbe
comprato già un paio di anni prima. Fatto sta che Vittorio, per
incrementare le vendite di biglietti, durante le serate "festive"
metteva in bella mostra la statua davanti al proprio circolo, creando
una discutibile connessione tra sacro e profano. Sembra che durante
queste serate siano apparsi dei cartelli "Parrocchia San Vittorio"
e addirittura degli oboli per le offerte dei fedeli. Il fatto curioso
era che, in fondo, nemmeno lui ne fosse tanto convinto di questa
conversione,tant'e' che dopo la riffa avvenuta il 13 agosto, durante
la quale il sottoscritto faceva notare che, intanto,la festa si
era protratta per un giorno in più profittando della mangiata offerta
dell'amm. comunale, e che Vittorio aveva intenzione di fare concorrenza
alle feste organizzate dalle due Confraternite con la nascita della
Confraternita Padre Pio, per alcuni giorni nessuno si fece avanti
per ritirare il premio (ritirato poi da Maria Trombì) e Vittorio
cominciava a denotare segni di insofferenza: "Chistu e' nu menzo
miraculu,voi vidire ca no si la pigghia nujru ?!?. La mento all'asta
a cui mi offre decchiù!! ". Fortunatamente dopo un paio di giorni
la statua venne ritirata e Vittorio cercò di convincere i presenti(io,Filippo
della Pennsylvania,Bruno Galati e il sommo poeta) della sua impossibile
conversione, "dimostrabile scientificamente", con un arringa delle
sue. Si dice che un indizio e' un indizio,ma che due indizi sono
una prova. Ora non ci resta che attendere futuri sviluppi che, visto
il personaggio, non mancheranno di sicuro.
Una lenta ed inesorabile agonia
L'agonia di un paese,
ed insieme l'agonia della nostra anima
Si perché la nostra anima ha bisogno di sapere che le proprie radici
sono forti, che rimangano indifferenti al passare degli anni,anzi,
ove possibile ,che si rinvigoriscano ancor di più. Oggi mi ritrovo
ad invidiare, ciò che pensavo potesse valere anche per me, e cioè,
quelli che cantano “Piccola città eterna” (se ripassate tra 100
anni ci trovate sempre qua). Un paese che oggi conta, appena, 1520
residenti, che escludendo gli emigrati ancora residenti e gli studenti
universitari conterà, si e no, 1300 anime. Negli ultimi anni l'emigrazione
e' continuata in modo repentino, proprio negli anni in cui qualcuno,
cercando di ingannare, anche se stesso,ci voleva far credere che
“l'esodo” fosse finito e che era incominciato “il ritorno”. Negli
anni i punti di ritrovo culturali(CCAR,ARCI)sono diventati delle
semplici sale giochi, per non citare gli altri che sono letteralmente
scomparsi( sezioni di partito, circolo cacciatori, sala congrega
ecc.). Oggi i punti di ritrovo, culturali e non, sono diventati
i bar, tant'è' che il parroco ha organizzato degli incontri con
i giovani, proprio presso questi locali, come dire se la montagna
non va da Maometto e' Maometto ad andare alla montagna. Insieme
a tutto questo sono scomparse anche le manifestazioni, perché no,
anche culturali(festa dell'amicizia,festa de l'unita',ecc.). E'
rimasta solo una “malinconica” festa degli emigrati, che mentre
negli anni passati vedeva alle proprie spalle un vero e proprio
comitato organizzatore, ora conta solo su una persona che fortunatamente
si avvale dell'indispensabile contributo di un politico “compaesano”.
Un'attività' culturale e' portata avanti da un inesistente “pro
loco”, con un periodico cartaceo che tratta, beffardamente,di storia
del passato di antropologia, seguendo alla lettera il detto: ”non
si può andare avanti senza tornare indietro”. Ma, ammesso e non
concesso che si e' prefissati l'andare avanti, in che modo lo si
fa? Si tratta troppo la cultura del passato e non la cultura del
divenire. Così come, da noi(Sannicola) si e' sempre trattato della
cultura della morte e non della vita. Le prove di oggi rispecchiano
quelle del passato,al sito della confraternita, che aggiorna costantemente
i visitatori sugli avvenuti decessi dei nostri compaesani, fanno
da riflesso quelle impresse nero su bianco sul libro “Le strade
di casa”. In nessuno dei due casi viene trattato l'argomento “nascita”,
come se questo non fosse la cosa più importante della “vita”. E
come se, soprattutto nel libro, la nascita e tutti gli usi che ne
conseguono non facessero parte della nostra tradizione e cultura.
Si e' voluti, forse, sempre, trattare le cose di cui si ha paura
quasi come fosse un rito scaramantico. Pochi anni fa,in un consiglio
comunale “open air” che si suole svolgere annualmente, l'amministrazione
ci annunciava la nascita del nuovo web site del comune come il miglior
modo per restare al passo coi tempi. Oggi di quel “progetto” rimangono
solo poche pagine su cui leggere i nomi dei componenti del consiglio
comunale, peraltro goffamente errati. Oggi tutto ciò ci viene riproposto,sempre
con le stesse modalità, dai rappresentanti del “CCLAB” sannicolese
a Toronto. Ci viene riproposta la creazione del “WWEB SAIT”, dimenticando
che ad oggi ci sono già molte possibilità in rete per scambi culturali,
o solo per interloquire con “il villaggio” o i compaesani sparsi
per il mondo, da questi non mi sembra sia stato mai fatto. Intanto
i giovani continuano a lasciare, o meglio si vedono costretti a
lasciare la propria terra, in cerca di altre molto più fertili per
le loro menti. Anche se tutto questo e' dovuto/voluto dalle politiche
nazionali e comunitarie. La speranza, paradossale, e' che ciò che
l'emigrazione ha tolto, sia ripianato, almeno in parte, dall'immigrazione.
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